IL MODELLO FISICO DELL’EFFETTO DINAMO

Il primo ad elaborare il modello fisico dell’effetto dinamo per spiegare il magnetismo planetario fu Walter M. Elsasser nel 1945. Prima di allora si pensava che i campi magnetici dei pianeti fossero generati per effetto termoelettrico ma, a seguito delle importanti scoperte nell’ambito della fisica atomica della prima metà dello scorso secolo, lo si dovette scartare a favore del nuovo e convincente modello.
Elsasser basò la sua teoria su alcune evidenze osservative quali il fatto che sulla superficie terrestre esistono zone, anche estese migliaia di chilometri, che presentano valori d’intensità di simbolo del campo magnetico completamente diversi da quello medio. Lo scienziato ipotizzò che queste " anomalie " fossero il corrispettivo sulla superficie terrestre di celle convettive di fluido in moto nel nucleo della Terra.
Struttura interna della TerraNel 1945 le conoscenze circa la struttura interna del pianeta erano abbastanza certe (vedi figura): da studi riguardanti la propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo, si sapeva che la Terra è costituita da gusci concentrici di materia che avvolgono un nucleo interno solido di dimensioni abbastanza ridotte. Procedendo verso la superficie si incontrano rispettivamente nucleo interno (solido), nucleo esterno (liquido), mantello e crosta terrestre (entrambi solidi). Il fluido costituente la parte esterna del nucleo sarebbe quindi caratterizzato dai moti convettivi che generano le anomalie suddette sulla superficie. Elsasser notò inoltre che queste ultime non restavano fisse, ma si muovevano lentamente verso ovest di 0.18 gradi all’anno.
Una spiegazione plausibile di questo moto di "deriva" è la rotazione della parte esterna del nucleo verso est con velocità angolare minore del pianeta Terra, in modo che una cella convettiva produca sulla superficie un’anomalia che rimane indietro ogni anno rispetto alla posizione precedente. L’effetto totale che si ottiene è proprio un moto apparente di quest’ultima verso ovest.
La spiegazione più sensata agli occhi di Elsasser della lenta rotazione del nucleo esterno è che in esso le particelle del fluido siano soggette alla forza di Coriolis mentre procedono convettivamente dal basso verso l’alto. Per la conservazione del momento angolare si ha che più il fluido è vicino all’asse terrestre, più ruota velocemente. Dal momento che il nucleo esterno ha la forma di guscio sferico, allora in esso il fluido ruoterà più velocemente ai poli (cioè alle latitudini più elevate ) che non all’equatore e, alle basse latitudini, si assisterà ad un moto più intenso mano a mano che dall’esterno del nucleo si procede verso l’interno. Per una migliore comprensione del modello fisico di Elsasser è utile procedere per tappe e visionare alcune immagini che illustrano il processo.

1)Come già detto è necessario che all’interno della Terra vi sia un campo magnetico dipolare preesistente.

2) Le linee di forza di , congelate nel fluido, vengono deformate e stirate a seguito della rotazione non uniforme del nucleo in direzione perpendicolare a quella originaria.
3) In questo modo viene generato un campo magnetico, perpendicolare a quello di dipolo preesistente, chiamato campo azimutale e diretto verso est nell’emisfero boreale e verso ovest in quello australe.
4)Il campo azimutale è caratterizzato da un tempo di decadimento (tempo necessario affinché si riduca sensibilmente ad opera del decadimento resistivo della corrente associata e della tensione delle linee di forza del campo magnetico) dell’ordine di 30000 anni. Durante questo periodo le linee del campo hanno avuto modo di avvolgersi molte volte attorno al nucleo dando vita ad un campo azimutale sempre più intenso e che rimane l’unico esistente se gli sottraiamo quello dipolare ormai trascurabile.
5) Come già detto il fluido è soggetto ad una convezione ciclonica, cioè le sue particelle descrivono traiettorie a spirale dirette dal basso verso l’alto e percorse in senso antiorario nell’emisfero boreale e in senso orario in quello australe.
6) Questo moto genera dei cappi negli anelli del campo azimutale la cui parte esterna è diretta verso nord e quella interna verso sud in entrambi gli emisferi del pianeta. Nel corso del tempo questi campi hanno modo di fondersi e diffondersi dando vita ad un campo magnetico più intenso di quello preesistente e rilevabile sulla superficie terrestre come campo di dipolo.

Argomenti a sostegno e contro tale modello

Il modello teorico elaborato da Elsasser giustifica un’importante evidenza osservativa riguardo il campo magnetico terrestre, cioè il fatto che esso ha invertito più volte la sua polarità nel corso della sua esistenza; esaminando infatti l’orientamento dei granuli di ossido di ferro nelle lave uscenti dalle spaccature dei fondi oceanici, si può capire che la Terra ha invertito la sua polarità magnetica (impiegando per questo circa 1000 anni ) ad intervalli casuali di 105-107 anni.
Secondo il nostro modello la spiegazione è data dal fatto che la convezione a cui è soggetto il fluido nel nucleo può intensificarsi a tal punto da gettare la dinamo in una condizione caotica nella quale i campi magnetici (azimutale e di conseguenza dipolare) assumono un’ orientazione sbagliata (vedi le figure sottostanti).
Repentine variazioni di intensità del meccanismo di convezione portano (vedi a lato) il campo magnetico ad assumere una direzione anomala


Il modello della dinamo riesce anche a giustificare i valori d’intensità dei campi magnetici registrati dalle sonde per i vari pianeti del sistema solare. Sapendo che essi dipendono dalle dimensioni assolute del nucleo e dalla sua velocità di rotazione, rimarrebbe spiegato il motivo per il quale Venere non possiede campo: la sua lenta rotazione attorno all’asse (244 giorni) non sarebbe infatti in grado d’innescare il meccanismo della dinamo.
I campi di Giove e Saturno sono giustificabili con la presenza di strati interni di H ed He che, alle particolari condizioni di temperatura e densità in cui si trovano, fungerebbero da buoni conduttori. La velocissima rotazione del gigante gassoso del sistema solare, unitamente alla presenza di questi fluidi, sarebbero le cause del suo campo così intenso. Il fatto che Saturno abbia un valore di stranamente abbastanza simile a quello della Terra (le cui dimensioni sono assai minori!) è giustificabile considerando che, per il primo pianeta, lo strato di H metallico è più ridotto che in Giove.

Rimangono comunque degli importanti interrogativi che rendono il modello dell’effetto dinamo non del tutto convincente. Innanzitutto non si riesce a capire quale sia la fonte di energia che alimenta la convezione del fluido nel nucleo esterno; inoltre, come mai Marte, pianeta molto simile alla Terra, non è dotato di campo magnetico, mentre Mercurio, che pure ruota su se stesso molto lentamente, ha un campo apprezzabile (un ottantesimo di quello terrestre).
Gli scienziati giustificano queste contraddizioni ipotizzando per il pianeta più interno del sistema solare un meccanismo convettivo particolarmente efficiente associato ad un nucleo di dimensioni alquanto elevate mentre per il pianeta rosso un’assenza di fluidi conduttori all’interno a seguito di un raffreddamento millenario.
Soltanto le future missioni spaziali potranno sciogliere questi dubbi e confermare o meno la validità del modello dell’ effetto dinamo.



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Bibliografia

Parker E. N., Campi magnetici nel cosmo, "Le Scienze"
Resnick Halliday Crane, Il magnetismo dei pianeti, "Fisica 2".



© Loretta Solmi, 2011