MARTE

Caratteristiche generali
Marte è il più esterno dei pianeti di tipo terrestre, il quarto dal Sole, da cui dista mediamente 227.94 milioni di km, ed è quello che assomiglia di più alla Terra, per il periodo di rotazione, di 24h 37m 22.663s terrestri (giorno siderale), e per l'inclinazione dell'asse di rotazione di 25.19o rispetto alla normale al piano dell'orbita; tutto questo dà origine all'alternarsi delle ore di luce e di buio e a quattro stagioni, simili a quelle terrestri anche se durano circa il doppio.
Il pianeta è il più piccolo del Sistema Solare, dopo Mercurio, ha un diametro equatoriale di 6804.9 km ed uno polare di 6754.8, quindi ha uno schiacciamento polare pari allo 0.00736%. A causa della sua bassa densità (3.934 g/cm3), ha una gravità leggermente inferiore a quella di Mercurio, pari a 3.69 m/s2.
Per il suo colore rossastro, è anche conosciuto come il pianeta rosso. Ruota attorno al Sole in 686.96 giorni terrestri, mentre il periodo sinodico, l'intervallo tra due opposizioni con la Terra, è di 779.96 giorni, a causa del moto orbitale terrestre; durante tali periodi il pianeta percorre un'orbita inclinata sull'eclittica di 1.85061o e con una eccentricità di 0.09341233, seconda solo a Mercurio, il perielio si trova a 206.644 milioni di km dal Sole e coincide col solstizio d'inverno, mentre afelio dista 249.228 milioni di km e corrisponde al solstizio d'estate boreale. A causa di ciò le stagioni hanno durata e temperature diverse nei due emisferi: inverni relativamente miti e corti nell'emisfero nord, lunghi e freddi nell'emisfero sud (153.95 contro 178.64 giorni), quindi le estati sono lunghe e fredde al nord, corte e calde al sud; nell'emisfero nord la primavera è più lunga dell'autunno (193.30 contro 142.70 giorni), nel sud è il contrario.
Il pianeta Marte fotografato dall'orbiter della Viking 1 il 22/2/1980; si vede molto bene la Valles Marineris.
Risultando a volte molto luminoso, è facilmente visibile ad occhio nudo, per questo è conosciuto fin dall'antichità: Aristotele fu uno dei primi a fare delle osservazioni; già i Babilonesi, a causa del suo colore, lo identificarono con Nergal, la divinità del fuoco, della guerra e della distruzione, ma gli è stato assegnato il nome del dio greco/romano della guerra, Ares/Marte. Per gli antichi Egizi era Horus "il rosso", per gli Ebrei Ma'adim, "colui che arrossisce" (nome successivamente assegnato ad uno dei maggiori canyon marziani), infine i Cinesi, Giapponesi, Coreani e Vietnamiti lo chiamano "stella infuocata". La prima osservazione con un telescopio fu effettuata da Galileo Galilei nel 1609.
Il pianeta si è formato dalla nube primordiale, come tutti gli altri pianeti interni, o rocciosi, per collasso gravitazionale, prima per condensazione in piccoli grani di materia e poi per aggregazione di questi.
Foto dell'Orbiter de Viking 1 del 22/2/1980, mostra l'emisfero marziano denominato Cerbero. All'inizio l'interno del pianeta era talmente caldo da far fondere il ferro, che, spostandosi verso il centro, ha trascinato con sè altri elementi, come il nichel; ciò ha portato alla differenziazione della struttura interna del pianeta, in quanto successivamente si sono fusi gli elementi più leggeri, che sono migrati in superficie, formando una crosta galleggiante su un manto probabilmente fuso; si è poi avuto un aumento dell'attività vulcanica, le cui emissioni hanno costituito l'atmosfera primordiale del pianeta, ricca di anidride carbonica.
Nel frattempo, circa 4 miliardi di anni fa, è iniziato un pesante bombardamento meteorico, bombardamento che è costantemente diminuito nel tempo.
La densa atmosfera primordiale è durata circa 500 milioni di anni, causando un effetto serra che rese temperatura e pressione compatibili con la presenza dell'acqua liquida; quando l'effetto serra è calato si è prodotto un lieve abbassamento della temperatura, con relativa condensazione degli elementi meno volatili, e un ulteriore calo dell'effetto serra, e così via, raggiungendo in breve valori di pressione e temperatura prossimi agli attuali: sulla superficie 6.9 millibar, 0oC il giorno e -100oC la notte.
La quantità di radiazione solare che raggiunge Marte, o costante solare, è circa la metà del corrispondente valore terrestre e lunare.
Marte possiede solo due piccoli satelliti: Deimos e Fobos, scoperti solo nel 1800, grazie ai progressi dei telescopi; per caso la loro esistenza era già stata ipotizzata quasi 1 secolo e mezzo prima da Jonathan Swift, che ne parla ne I viaggi di Gulliver, dove sono anche scritti i parametri orbitali, simili a quelli reali.
Oltre ai satelliti naturali Marte possiede un numero impressionante di asteroidi areosecanti, asteroidi che intersecano la sua orbita e che hanno il perielio situato all'interno dell'orbita marziana, mentre l'afelio si trova esternamente ad essa; il nome deriva dal nome del dio greco, Ares, che presso i romani divenne Marte: 433 Eros, 1036 Ganymed, 6318 Cronkite, 6456 Golombek, 6564 Asher, (65803) Didymos, (89959) 2002 NT7.
Sono considerati areosecanti anche gli asteroidi che rasentano l'orbita del pianeta, senza intersecarla, sia internamente, come i NEAR 1620 Geographos e 15817 Lucianotesi, (90367) 2003 LC5, (87024) 2000 JS66, (85236) 1993 KH, che esternamente, i più comuni, 6411 Tamaga, 6249 Jennifer,6261 Chione, 6585 O'Keefe, (96006) 2004 NE27. Alcuni asteroidi areosecanti sono anche geosecanti, cioè intersecano l'orbita terrestre, come 1620 Geographos, 1656 Suomi, 1981 Midas, 37655 Illapa, 25143 Itokawa, e possono essere anche potenzialmente pericolosi per la , Terra.
Tra gli asteroidi areosecanti ci sono anche degli asteroidi troiani, cioè degli asteroidi che condividono l'orbita del pianeta trovandosi nei punti lagrangiani L4 e L5; sono 5261 Eureka, il primo ad essere scoperto, la cui orbita è inclinata di 20.28209o rispetto all'eclittica ed attraversa quella di Marte, 1998 VF31, 1999 UJ7 e 2007 NS2. Hanno tutti magnitudini apparenti tra 16.1 e 17.8, un semiasse maggiore di 1.526 UA e tutti sono in L5, tranne 1999 UJ7 che si trova nel punto lagrangiano L4.
Geologia
Grazie alle sonde inviate a studiare la superficie del pianeta si è potuto avere un'idea della storia geologica di Marte; basandosi sulle tracce di alcuni "minerali-chiave" sono state identificate 3 ere geologiche, la cui denominazione deriva dai nomi greci dei minerali che si sono formati in maggiore quantità in quel periodo:
Fillosiana, che prende il nome dai fillosilicati (mica+acqua+idrossidi), inizia subito dopo la formazione del pianeta e va da 4.5 a 4.2 miliardi di anni fa; in questo periodo si formano i grandi fondali d'argilla e l'ambiente era probabilmente caldo-umido, di tipo terrestre, e con una pressione atmosferica sufficiente per mantenere l'acqua liquida sulla superficie, quindi una situazione favorevole alla nascita della vita. Le argille sono poi in gran parte scomparse.
Theiikiana, prende il nome dallo zolfo, va da 4.2 a 3.8 miliardi di anni fa; in questo periodo ci sono grandi eruzioni vulcaniche, rendendo il clima marziano secco e acido, e lo zolfo sprigionato da queste eruzioni, reagendo con l’acqua presente nell’atmosfera, produsse piogge acide che modificarono la composizione delle rocce, facendole diventare ricche di solfati. In questo periodo si fermò la dinamo del pianeta che produceva il campo magnetico, privando il pianeta della sua protezione contro il vento solare
Siderikiana, prende il nome dagli ossidi di ferro, è l'era marziana attuale, iniziata 3.8 miliardi di anni fa, ed è la più lunga; c'è scarsa presenza di acqua ed è caratterizzata dalla lenta ossidazione delle rocce ricche di ferro ad opera dall’atmosfera rarefatta, fredda e secca. È a causa di tale "scolorimento" che Marte ha assunto il suo tipico colore rossastro.
Foto di Marte, in cui sono visibili delle nubi sui rilievi più alti.
L'ultima era geologica è poi stata suddivisa in 3 epoche, determinate dal numero di crateri d'impatto, considerando più antiche le superfici maggiormente craterizzate e che portano il nome delle più importanti formazioni geologiche formatesi in quei periodi; naturalmente la suddivisione temporale esatta fra le ere geologiche non è definitiva, essendo ancora allo studio diversi modelli relativi al tasso di caduta di materiale meteorico.
Le epoche geologiche sono:
i) Foto dall'alto di una distesa di dune nella Noachis Terra. Noachiano, dal nome della regione Noachis Terra, che va da 3.8 a 3.5 miliardi di anni fa. Poichè in questa era il campo magnetico interno del pianeta era già scomparso e l'atmosfera aveva già uno spessore insufficiente da proteggere la crosta dall'intenso bombardamento meteorico, le regioni di questo periodo presentano crateri d'impatto abbondanti e di notevoli dimensioni; si ritiene inoltre che la regione di Tharsis si sia originata in questo periodo.
ii) Esperiano, dal nome dell'Hesperia Planum, da 3.5 a 1.8 miliardi di anni fa, è caratterizzato dalla formazione di pianure laviche particolarmente estese, come Hellas e Argyre Planitia; infatti l'intensa attività vulcanica di tale periodo ha modificato circa il 40% della superficie e l'interazione tra magma e ghiaccio ha portato a eruzioni esplosive con la formazione, soprattutto nell'emisfero nord, di vulcani non troppo alti (es. l'Alba Patera, di 1500 km di diametro ma alti solo 1000-2000m). È in questo periodo che si sono formati i grandi canali di deflusso sugli alti pianori e si apre la grande faglia tettonica che ha generato la Valles Marineris, a est della regione di Tharsis, attraverso cui scorrono grandi quantità di acqua verso le piane a nord. Foto della sonda Mars Express del cratere ellittico presente nella Hesperia Planum.
iii) Foto della sonda Mars Express del cratere Nicholson nella Amazonia Planitia e dettaglio dell'interno del cratere. Amazoniano, dal nome della Amazonis Planitia, ed è l'epoca presente, iniziata 1.8 miliardi di anni fa; le regioni di questo periodo sono relativamente povere di crateri e la loro struttura è dovuta all'attività geologica endogena ed eolica, probabilmente attribuibile alle variazioni dell'obliquità dell'asse di Marte.
In questo periodo si sono formati anche l'Olympus Mons e altre grandi strutture vulcaniche, infatti sono state rilevate delle colate laviche di circa 10 milioni di anni anche sui fianchi dei vulcani Elysium e Tharsis.
Particolarità
L'orbita marziana è affetta dal fenomeno della precessione, cioè dallo spostamento della data degli equinozi, ma il ciclo è circa 6 volte più lungo di quello terrestre: 175.000 anni contro 26.000 anni; inoltre in passato l'orbita di Marte era molto più circolare, in quanto esiste anche un ciclo di eccentricità pari a 96000 anni terrestri: 1.35 milioni di anni fa l'eccentricità valeva 0.002, inferiore di molto a quella attuale della Terra. Di certo l'eccentricità negli ultimi 35000 anni è aumentata a causa delle influenze gravitazionali degli altri pianeti. L'attuale eccentricità implica che la distanza di Marte dalla Terra, quando si trova in opposizione, oscilla tra 101.3 e 55.7 milioni di km, alternando grandi e piccole opposizioni, con una variazione nella data anche di 8.5 giorni; a causa di ciò la sua luminosità è la più variabile fra quella di tutti i pianeti visibili dalla Terra, infatti durante la sua orbita la magnitudine apparente passa da +1.8 alla congiunzione col Sole a -2.9 all'opposizione perielica, che avviene ogni 19 anni circa.
Ogni 15 anni Marte raggiunge il suo punto più vicino alla Terra e in questa circostanza mostra sempre il Polo Sud.
Le orbite e le opposizioni rispetto alla Terra di Marte dal 2003 al 2018.
Riproduzione del moto retrogrado apparente, e la relativa formazione di un cappio,  avvenuto nel 2003. L'orbita di Marte vista da Terra è particolare, essendo in parte retrograda; inoltre la retrogradazione è molto ampia. Quando il pianeta si avvicina all'opposizione prima sembra che il suo moto diretto (ovest→est) rallenti fino a fermarsi, poi inizia il periodo di moto retrogrado, che in seguito rallenta e torna successivamente ad essere diretto; questo comporta che l'orbita sembra formi un "loop" sulla volta del cielo. Questo fatto era già noto nell'antichità, infatti gli antichi egizi lo chiamavano "quello che viaggia all'indietro"; la ricerca di una spiegazione a questa anomalia portò Keplero ad elaborare le sue famose leggi.
Il 27 agosto 2003, ad 1 giorno dall'opposizione e a circa 3 giorni dal perielio, Marte si è trovato nel punto più vicino alla Terra degli ultimi 60.000 anni: 55.758.006 km, il prossimo è previsto nel 2287.
L'asse di rotazione di Marte ha ora una inclinazione simile a quella dell'asse terrestre e fluttua caoticamente tra 0o e 60o, a causa delle interazioni gravitazionali con il Sole e gli altri pianeti; queste fluttuazioni hanno delle grosse conseguenze sul clima marziano, anche perchè la precessione non avviene in modo regolare, come sulla Terra, ma si alternano periodi in cui l'inclinazione dell'asse è relativamente stabile e a cambiamenti bruschi dell'inclinazione; i cambiamenti bruschi sono favoriti dalla mancanza di un satellite di notevole massa.
Si è potuto constatare che anche Marte, come la Terra, presenta dei cicli di Milankovic, cioè dei periodi in cui la combinazione delle variazioni dell'inclinazione dell'asse di rotazione e dell'eccentricità dell'orbita porta a delle variazioni climatiche a lungo periodo; infatti nei periodi di grande inclinazione dell'asse il ghiaccio si accumula solo in qualche regione equatoriale isolata, mentre nei periodi in cui l'inclinazione orbitale è piccola in queste regioni il ghiaccio si scioglie e si accumula nelle alte latitudini dei due emisferi, creando così dei cicli glaciali-interglaciali che possono ricordare lontanamente quelli terrestri; l'ultima glaciazione dovrebbe essersi verificata nell'Amazoniano.
Disegno che mostra come come doveva essere Marte 400000 anni fa, durante un'era glaciale.
Foto della Terra e della Luna presa dalla Mars Global Surveyor l'8 maggio 2003.
Astronomia
Grazie alla presenza attorno e su Marte di sonde e rover è possibile fare dalla sua superficie dell'astronomia, avendo un nuovo punto di osservazione per studiare i satelliti marziani, il pianeta Terra e il suo satellite naturale, la Luna, potendo così osservare dettagli mai visti prima. Infatti è possibile osservare il transito della Terra davanti al Sole, l'ultimo dei quali si è verificato l'11 maggio 1984, mentre il prossimo è previsto per il 10 novembre 2084.
Da Marte è anche possibile vedere la Luna che orbita attorno alla Terra ad occhio nudo; infatti alla massima distanza fra loro, i due corpi celesti sono ben visibili poi, dopo una settimana circa, sembra che si fondano, per poi separarsi nuovamente. È anche possibile vedere la rotazione lunare, infatti da Marte si vedono zone diverse della Luna, anche le zone lunari invisibili dalla Terra.
Quando l'orbita di Marte viene attraversata da quella di una cometa, essendo l'atmosfera marziana abbastanza trasparente alle lunghezze d'onda del visibile, si osservano dalla superficie del pianeta delle pioggie di meteore e se queste sono sufficientemente grandi possono cadere quasi integre sulla superficie, come la Heat Shield Rock, la prima meteorite scoperta sulla superficie marziana di 40-50 kg di massa.
Lo zodiaco marziano è praticamente identico a quello terrestre, in quanto i piani su cui si trovano i due pianeti differiscono di solo 1.85o rispetto al piano dell'eclittica.
Foto del rover Opportunity del meteorite Heat Shield Rock.
Un tramonto del Sole fotografato da uno dei rover dalla superficie di Marte. All'alba e al tramonto il cielo marziano appare di colore rosato, mentre attorno al Sole appare di colore blu, l'opposto di quello che accade sulla Terra; inoltre a causa delle polveri atmosferiche il crepuscolo marziano dura più a lungo di quello terrestre. Durante il giorno il cielo è di colore giallo-marrone, in quanto nell'atmosfera la diffusione di Rayleigh è scarsa, forse a causa della presenza di particelle di magnetite in sospensione nella bassa atmosfera; alle volte il cielo può assumere delle sfumature violette, causate dalla diffusione dela luce delle particelle di ghiaccio d'acqua presenti nelle nubi.
Vita
Alla fine del 1800 si affermò l'idea che Marte fosse un pianeta vecchio, con alcuni mari e la cui vegetazione era dovuta alle opere di canalizzazione di una evoluta cività marziana; inoltre la presenza di stagioni, con il relativo avanzare e regredire delle calotte polare spinse a supporre, anche in mancaza di prove, l'esistenza di un qualche ecosistema marziano fino ai primi anni del 1960. Quando nel 1965 la sonda Mariner 4 è entrata in orbita attorno al pianeta, le immagini raccolte furono una grossa delusione, in quanto non si vedevano traccie di costruzioni o comunque di opere artificiali; 11 anni dopo le missioni Viking non rilevarono tracce di vita o composti organici sulla superficie. Dal 1996 si è ricominciato a cercare delle forme di vita su Marte a causa dei controversi risultati delle analisi effettuate sulle 57 meteoriti di origine marziana, soprattutto dopo quanto trovato nella meteorite di 1.93 kg denominata ALH84001.
Foto di strutture a catena, forse di origine biologica, del meteorite ALH84001.
Il meteorite Nakhla. Tale meteorite è stata trovata in Antartide, dove è giunta circa 11.000 anni fa e al suo interno sono state trovate delle microscopiche strutture che potrebbero essere dei microbi fossilizzati, ma anche il risultato di processi chimici inorganici; essendo stata espulsa dal pianeta circa 17 milioni di anni fa, se si trattasse veramente di fossili vorrebbe dire che tra 4 e 3.6 miliardi di anni fa su Marte sarebbero state presenti forme di vita simili ai nanobatteri terrestri.
Questo sembrerebbe confermato anche dalle analisi effettuata dal 2000 in poi sul meteorite Nakhla, caduto in Egitto nel 1911 e di sicura origine marziana; in essa sono state osservate delle alterazioni dovute all'acqua precedenti al suo arrivo sulla Terra e degli oggetti simili ai nanobatteri fossili terrestri, anche se alcuni pensano che il materiale organico rilevato sia dovuto a contaminazione terrestre.
Delle strutture che potrebbero essere delle traccie fossili di colonie di microbi sono state trovate all'interno del meteorite di 4 kg denominato Shergotty, trovato in India nel 1865, di origine vulcanica che sarebbe stato espulso da Marte più di 165 milioni di anni fa.
Tuttavia essendo il carbonio il quarto elemente per abbondanza nell'Universo, trovarlo combinato con altri elementi in modo stravagante non indica necessariamente che sia di origine biologica.
Foto NASA delle strutture presenti nel meteorite Shergotty.
Colonizzazione
Benché sia piuttosto freddo e secco, per le sue caratteristiche fisiche è il pianeta più adatto a ricevere una missione spaziale con uomini a bordo, che potrebbe essere l'avanguardia di una futura colonizzazione umana del pianeta.
Disegno che mostra come potrebbe essere una colonia marziana. Essendo infatti disponibili su di esso dei composti chimici fondamentali per la vita umana, alcuni ritengono indispensabile per il futuro sviluppo dell'umanità la creazione di colonie marziane, anche se i coloni dovrebbero indossare tute pressurizzate al di fuori delle istallazioni.
I luoghi ritenuti più idonei alle colonie umane sono:
- le regioni polari, soprattutto il polo nord, e il bacino di Hellas, sia per la concentrazione di acqua nelle calotte che per la possibilità di mantenere il contatto diretto con la Terra per lunghi periodi;
- la regione della Valles Marineris, in quanto a causa della sua profondità media di 8 km presenta una pressione atmosferica superiore del 25% a quella superficiale, inoltre poichè le pareti seguono la direttrice est-ovest, si eviterebbero le interferenze delle loro ombre, permettendo quindi di ricevere energia tramite pannelli solari posizionati sul fondo dei canyon.
Una alternativa a tutto ciò sarebbe terraformare Marte, per poterlo abitare senza la necessità di tute protettive; questa ipotesi, che si trova descritta in alcuni libri di fantascienza, è in fase di studio, sia per i comprensibili problemi tecnico-economici, che di etica.
Considerando che il suolo marziano contiene già i minerali richiesti per la terraformazione, si tratterebbe di modificare l'atmosfera aumentando l'effetto serra, in modo che altra anidride carbonica evapori e si aggiunga a quella esistente; questo fatto libererebbe il ghiaccio dei poli portando, successivamente, alla liquefazione e all'evaporazione di parte dei ghiacciai d'acqua polari e di quelli presenti sotto la crosta marziana. Già adesso, durante le estati marziane, con la sublimazione dell'anidride carbonica, un piccola quantità di acqua residua si sposta rapidamente dai poli, a circa 400 km/h; questo porta ad uno spostamento stagionale di grandi quantità di vapore acqueo e polveri, come quelle che sulla Terra permettono la formazione delle nuvole.
Disegni e filmato che illustrano la possibile terraformazione di Marte.
Curiosità
La foto della sonda Spirit con cerchiata la zona dell'umanoide e la foto in cui si vede l'umanoide in primo piano.
Il presunto teschio fotografato da Spirit e la foto della zona da cui è stato estratto il dettaglio; foto del 2005 della regione di Cydonia in cui sono presenti il volto, alcune piramidi, planimetria di Marte e dettaglio della piramide D & M. Anche all'inizio del XXI secolo alcune strutture geologiche marziane sono state interpretate come prove dell'esistenza di una passata civiltà marziana; basti pensare alla foto fatta vicino alle Columbia Hill, nel Gusev Crater, dal rover Spirit nel novembre 2007, dove alcuni hanno visto una creatura umanoide impegnata a scavalcare o a discendere da un costone o una duna.
In realtà si tratta di un sasso alto 5 m scolpito dal vento, esattamente come nel caso del teschio che appare nell'immagine presa da Spirit e pubblicata nel maggio 2006; sono tutti casi di pareidolia, cioè un processo del nostro subconscio che ci porta a riconoscere forme note in oggetti sconosciuti, soprattutto se questi oggetti mostrano aspetti simili alle sembianze umane.
Un tipico caso di pareidolia è quello che ha portato l'uomo a riconoscere in alcune associazioni di stelle delle sagome note, le costellazioni.
Sicuramente il caso più famoso di pareidolia marziana è quello del volto di Marte, o volto di Cydonia, dal nome della regione in cui si trova, e venne fotografato per la prima volta il 25 luglio 1976 dalla sonda Viking 1, in orbita attorno al pianeta; subito ci fu chi sostenne trattarsi di un monumento o di una roccia scopltita da una forma di vita extraterrestre intelligente.
Nel 1998 la sonda Mars Global Surveyor ha fotografato la zona ad una risoluzione superiore, mostrando che in realtà si tratta di una roccia di circa 3 km di lunghezza e di 1.5 km di larghezza, posizionata a 10o a nord dell'equatore, e che l'aspetto antropomorfo era dovuto solo alla bassa risoluzione delle foto precedenti e all'angolo particolare dell'illuminazionne solare. La zona è stata successivamente molto fotografata anche dalla sonda dell'ESA Mars Express, dalle foto della quale si è avuto la conferma che quanto scoperto per il volto vale anche per le strutture geologiche che lo circondano e che erano state in precedenza identificate come edifici piramidali, facenti parte di un antico centro abitato.
Il volto di Marte fotografato dalle sonde Viking 1, Mars Global Surveyor e Mars Express,da sinistra in alto a destra in basso, con di quest'ultima anche la foto in 3D e l'animazione creata dall'ESA.
L'ultima novità riguardante il pianeta Marte è legata alla possibilità di visitarlo virtualmente come su uno stradario, basta collegarsi al sito Il logo di Google Mars, cliccate per collegharvi automaticamente., o facendo dei tour panoramici, basta scaricare e installare Viderata iniziale del programma Google Earth, cliccate per accedere alla pagina di download., dalla versione 5 in poi, e, restando collegati in rete, scegliere Marte tra gli oggetti da visitare. .... E buon viaggio!

Struttura interna
Marte ha una massa di 6.4185 x 1023, pari a 0.107 volte quella terrestre, ed una densità media di 3.934 g/cm3, la più bassa di tutti i pianeti rocciosi. Il modo in cui si è formato il pianeta ha portato, entro circa 50 milioni di anni dalla nascita del Sistema Solare, alla differenziazione tra un nucleo denso, un manto intermedio viscoso e una crosta più leggera.
Disegno che riproduce la struttura interna di Marte. Il nucleo di circa 1480 km di raggio, costituito soprattutto di ferro, ma contenente anche nichel, il 14-17% di solfuri e contiene una quantità doppia di elementi leggeri rispetto al nucleo terrestre; avendo il pianeta perso da tempo gran parte del suo calore interno insiema al fatto che non esiste un campo magnetico apprezzabile, fa ipotizzare che non sia liquido, ma piuttosto viscoso, o in parte solido e in parte liquido.
Al di sopra c'è il mantello, 2.35 volte più denso del mantello terrestre, costituito di silicati; in passato ha causato tutti i fenomeni tettonici e vulcanici del pianeta.
Infine c'è la crosta di basalto e silicio, con uno spessore medio di 50 km ed un picco di 125 km; a parità di dimensioni è 3 volte più spessa della terrestre ed è ricoperta di ossido di ferro, causa del colore rossastro del pianeta, ed alcuni ritengono si sia creata dalla fusione della parte superiore del mantello e che si sia poi modificata nel tempo, a causa di impatti con corpi estranei, del vulcanesimo marziano, dei movimenti del mantello sottostante e dell'erosione.
La crosta marziana non è soggetta al fenomeno della tettonica delle placche.

Superficie
Grazie alle sua relativa vicinanza al nostro pianeta dal 1970 molte missioni spaziali hanno studiato la superficie marziana; le prime osservazioni di dettagli superficiali risalgono al 1719, quando Miraldi osserva i 2 poli e rileva che la loro estensione varia nel tempo. La prima mappa dettagliata venne disegnata da Giovanni Schiaparelli, basandosi sulle osservazioni effettuate a Milano attorno al 5 settembre 1877, durante un'opposizione perielica del pianeta; in essa, oltre ai famosi canali, era già evidente che il pianeta è fortemente craterizzato, con strutture di origine vulcaniche, valli, calotte polari, deserti sabbiosi e formazioni geologiche derivanti dalla passata presenza di acqua liquida. La mappa della superficie marziana disegnata da Schiaparelli.
Il suolo marziano, a sinistra foto del 1999 del rover Pathfinder, a destra foto del 2006 del rover Spirit; inoltre filmato dell'ESA che mostra la superficie di Marte in 3D utilizzando le foto prese dalla sonda Mars Express. Le varie missioni hanno permesso di scoprire che la superficie è ricca di basalto, con preponderanza di silicio in alcune zone, ma soprattutto è coperta di sabbia e polvere di ossido di ferro, noto come ematite, che conferisce al pianeta il caratteristico colore rossastro ed è cosparsa di rocce e massi; al di sotto dello strato di ematite si trova il "suolo" marziano, uno strato di regolite, granelli di basalto e piccole sferette di materiale vetroso del diametro massimo di 1 cm, distribuito sulla roccia dura.
La polvere superficiale è più fine della sabbia, infatti quando viene prelevata dalla superficie dal vento, formando le famose tempeste di sabbia di Marte, o dei vortici, rimane in gran parte sospesa nell'atmosfera, dando al cielo marziano il suo colore rossastro e lasciando sulla superficie degli "arabeschi" neri.
Grazie all'azione prolungata del vento, che per lunghi periodi soffia sempre nella stessa direzione, tale polvere può formare delle dune simili a quelle che si trovano nei deserti sabbiosi terrestri; tale formazione è molto lenta, infatti si ritiene che il campo di dune osservato vicino al Polo Nord, nell'Olympia Undae, e denominato North Polar Erg, ci abbiano messo alcuni centinaia di anni.
Animazione di un vortice formata unendo le immagini prese dalla sonda Spirit il 12 marzo 2005 e foto della Mars Reconaissance Orbiter delle striscie scure lasciate da una tempesta a nord dell'Antoniadi Crater il 24 agosto 2009.
Foto di campi di dune presenti al Polo Nord a sinistra, presenti nella Noachis Terra, le due in alto a destra, e nell'Abalos Mensa, in basso a destra. Fin dalle prime osservazioni dallo spazio del Viking la superficie apparve geologicamente diversificata in due emisferi dotati di diversa albedo; infatti l'emisfero meridionale è caratterizzato da ampie zone scure ritenute in passato dei mari (Mare Erythraeum, Mare Sirenum e Aurorae Sinus), la più evidente delle quali è la Syrtis Major Planum; contrariamente le pianure settentrionali a causa dell'abbondanza di ossido di ferro risultano più pallide e in passato vennero ritenuti dei continenti (Arabia Terra e di Amazonis Planitia). La parte meridionale del pianeta è costituita da enormi altopiani di roccia molto antica, attraversati da numerosi canali naturali, lunghi centinaia di km, larghi qualche decina di km e segnati da estesi crateri da impatto, per cui mediamente si eleva al di sopra del livello topografico di riferimento. La parte settentrionale del pianeta risulta costituita da enormi pianure, più recenti di quelle dell'emisfero sud, ricoperte da colate laviche solidificate, come la regione di Tharsis, ricche di grandi vulcani a scudo, tra cui l'Olympus Mons, il più grande vulcano del Sistema Solare, mentre i crateri da impatto sono scarsi; vi sono anche numerose scarpate e canyon.
Prima del 1999 mancando su Marte un livello del mare da usare come riferimento si definiva come livello topografico di riferimento, o livello 0, la quota alla quale la pressione atmosferica e la temperatura sono quelle del punto triplo dell'acqua, P=610.5 Pascal e T=273,16 K; grazie all'altimetro MOLA presente sulla Mars Global Surveyor si è potuto disegnare una carta dettagliata del pianeta e il livello 0 è stato fissato a 3.393 km dal centro del pianeta. Va ricordato che la massima differenza di altitudine sul pianeta, tra la cima dell'Olympus Mons e il fondo del bacino di Hellas, è di 31 km, mentre sulla Terra la differenza di altitudine fra il monte Everest e la fossa delle Marianne è di solo 19.7 km.
Le osservazioni effettutate dai radar delle sonde Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter, hanno portato a concludere che i due emisferi abbiano avuto una genesi comune; infatti la datazione dei crateri porta a ipotizzare che la maggior parte della superficie marziana è molto antica, più di 3 miliardi di anni fa, il periodo Amazoniano.
I 4 vulcani a scudo della regione di Tharsis.
Foto e filmato del cratere Victoria, dove è sceso il rover Spirit, a sinistra, e del cratere Hale. L'apparentemente assenza di crateri nelle basse vallate dell’emisfero sud sarebbe dovuto al fatto che questi sono sepolti sotto chilometri di polveri e sedimenti, ma dal 2008 è tornata ad essere considerata l'ipotesi avanzata nel 1980, secondo cui tale situazione sarebbe conseguenza dell'impatto avvenuto 4 miliardi di anni fa tra un oggetto celeste delle dimensioni comprese tra 1/10 e 2/3 della Luna e l'emisfero boreale marziano, producendo il più vasto bacino d'impatto del Sistema Solare, il Bacino Boreale. Su Marte sono stati trovati circa altri 43000 crateri d'impatto con un diametro superiore a 5 km, il maggiore dei quali è la Hellas Planitia, una struttura con albedo chiara, ricoperto da uno strato di sabbia rossastra, visibile anche da Terra.
Un cratere estremamente interessante è l'Hourglass Crater, o cratere a clessidra, fotografato nel marzo 2006 dalla sonda Mars Express, nella Prometei Terra, ad est della Hellas Planitia, un cratere di 17 km di diametro, riempito fin quasi al bordo dai detriti del ghiacciaio, che scorreva verso il basso dai rilievi che si trovano 500 m più in alto. Sono infatti presenti sia delle creste concentriche, che delle strutture parallele, interpretabili come morene
Per le sue dimensioni Marte ha meno probabilità della terra di entrare in collisione con oggetti esterni, questo fatto viene controbilanciato dal trovarsi Marte più vicino alla cintura degli asteroidi, inoltre può entrare in contatto anche con oggetti intrappolati nell'orbita di Giove.
Marte ha avuto in passato una intensa attività vulcanica, anche se non costante nel tempo; ci sono stati infatti solo 5 periodi di grande attività, il primo circa 3.5 miliari di anni fa, il secondo circa 1.5 miliardi d'anni fa , seguito da un terzo avvenuto 400-800 milioni di anni fa. Gli ultimi episodi risalgono a 200 milioni e a 100 milioni di anni fa, anche se la sonda Mars Express ha trovato delle colate laviche risalenti a soli 2 milioni di anni fa; in seguito il pianeta si è raffreddato molto velocemente, facendo ritenere i suoi pochi ma giganteschi vulcani, che si trovano raggruppati nelle due regioni denominate Tharsis ed Elysium, ormai inattivi.
Foto dall'alto, dettaglio e filmato del cratere a clessidra realizzati grazie alla Mars Express.
Foto della Ma'adim Vallis, del cratere Gusev e filmato della NASA ottenuto assemblando le immagini del cratere prese dalla sonda Spirit. I vulcani a scudo presenti sul pianeta sono tutti molto alti e appiattiti, in quanto i "punti caldi" da cui il magma è salito in superficie sono rimasti fermi nei millenni, a causa della mancanza di movimenti tettonici, inoltre la bassa gravità ha agevolato la risalita di una lava che essendo molto leggera, di poco superiore a quello dell'acqua, ha potuto "spargersi" sulla superficie.
La lava è anche fluita sulla superficie attraverso delle faglie o crepe del terreno, creando nelle basse pianure settentrionali più di un centinaio di "crateri a piedistallo"; i crateri si sono formati in quanto il magma estremamente fluido raffreddandosi ha creato una specie di rigida scogliera sopraelevata che ha protetto il sottostante materiale dall'erosione.
Oltre a queste spaccaure, tuttora visibili, sulla superficie marziana sono presenti anche canyons di grandi dimensioni, prodotti dall'innalzamento del terreno circostante, o dall'erosione del terreno da parte di acqua o ghiaccio d'acqua; il più famoso è il gigantesco canyon equatoriale denominato Valles Marineris, seguito per dimensioni dal canyon denominato Ma'adim Vallis, dal nome ebraico di Marte, di 700 km di lunghezza, 20 km di larghezza, che raggiunge in alcuni punti 2 km di profondità e che probabilmente durante l'epoca noachiana era un enorme bacino di drenaggio di circa 3 milioni di chilometri quadrati.
La valle termina a nord con il Gusev Crater, il luogo di atterraggio del rover Spirit.
All'inizio del 1970 furono proposte due ipotesi relativamente alla formazione delle valli, la prima che fossero il risultato dell'erosione da parte dell'acqua e dello scioglimento del permafrost; la seconda che questi canyon fossero dovuti al ritiro di materiale magmatico.
Marte presenta quindi una superficie molto variegata:
Valles le valli di maggiori dimensioni portano il nome del pianeta nelle più diverse lingue terrestri: Athabasca Vallis, Lo Shen Vallis, Kasei Valles, Mangala Vallis, Mawrth Valles, Tiu Valles, ...; alle altre valli sono stati assegnati i nomi, antichi o moderni, di fiumi terrestri: Arnus Vallis, Granicus Vallis, Nestus Valles, Rubicon Vallis, Warrego Valles .... Foto delle Valles Dao a sinistra e delle Valles Granicus e Tinjar a destra.
Chasmate su Marte portano i nomi classicamente utilizzati per designare le regioni circostanti in base al loro albedo, tra di esse si trovano i canyons che compongono le Valles Marineris; Ascareus Chasma, Chasma Boreale, Hydrae Chasma, Juventae Chasma, Promethei Chasma, Ultimatum Chasma, .... Foto dell Cydonia Labirinthy a sinistra, della Juventae Chasma al centro e delle stratificazioni dei sedimenti che si trovano in fondo alla Coprate Chasma, a destra.
Labyrinthi tali strutture hanno il nome assegnatole in passato basandosi sulle differenze di albedo; oltre al Noctis Labyrinthus, nella Valles Marineris, ne sono state trovate altre quattro: Adamas Labyrinthus, Angustus Labyrinthus, Cydonia Labyrinthus e Hyperboreus Labyrinthus.
Labes sono le zone della Valles Marineris che presentano forti variazioni di livello del terreno; portano il nome delle chasmate in cui si trovano: Candor Labes, Coprates Labes, Ius Labes, Melas Labes e Ophir Labes. Foto in 3D della Ophir Labes a destra e foto in 3D della Sacra Fossae, nella Kasei Valles, fatte dalla sonda Mars Express.
Fossae possono presentarsi isolate come in gruppo e sul pianeta ce ne sono moltissime; tutte portano i nomi dati in passato alle zone in cui si trovano basandosi sull'albedo: Aganippe Fossa, Gordii Fossae, Jovis Fossae, Medusae Fossae, Olympica Fossa, Stygis Fossae, ....
Rupes scarpate di forma regolare, che portano i nomi storici, assegnati in base al loro albedo: Amenthes Rupes, Bosporos Rupes, Hephaestus Rupes, Morpheus Rupes, Thyles Rupes, Utopia Rupes, .... Foto della Tenuis Rupes in 3D in alto, della Scilla Scopulis, nella regione di Xante, in basso a sinistra, e della Scopuli dell'Endurance Crater in basso a destra.
Scopuli scarpate o scogliere di forma irregolare che conservano il nome dato alle zone in base al loro albedo; molti scopuli si trovano lungo i bordi di crateri, alcuni presentano tracce di erosione dovuta all'acqua, altri, a causa della loro precaria stabilità ed al ghiaccio che allarga le spaccature della scarpata, sono sedi di fraquenti valanghe: Australe Scopuli, Eridania Scopulus, Charybdis Scopulus, Oenotria Scopulus, Scylla Scopulus, ....
Sulci "increspature" del terreno, che hanno conservato il nome assegnato in passato alla zona basandosi sul suo albedo: Arsia Sulci, Apollinaris Sulci, Lycus Sulci, Medusae Sulci, Memnonia Sulci, Sacra Sulci, .... Immagini del Medusae Sulci a sinistra, dell'Apollinaris Sulci al centro e dell'Anseris Cavus a destra.
Cavi depressioni che hanno mantenuto il nome assegnato loro in passato in base all'albedo; spesso tali depressioni si ritrovano in gruppo, ma ne esistono anche di isolate: Amenthes Cavi, Ausonia Cavus, Hyperborei Cavi, Octantis Cavi, Peraea Cavus, Scandia Cavi, ....
Plana questi altopiani portano nomi storici legati all'albedo visibile dallo spazio: Aeolis Planum, Daedalia Planum, Hesperia Planum, Lunae Planum, Promethei Planum, Sisyphi Planum, Thaumasia Planum, ... Foto, partendo da sinistra, della Isisdis Planitia, del Solis Planum e del Promethei Planum.
Planitiae anche questi bassipiani hanno i nomi legati al loro albedo; due planitie sono recentemente diventate Planum: Olympia e Syrtis Major: Arjire Planitia, Acidalia Planitia, Amazonis Planitia, Isidis Planitia, ....
Terrae queste vaste zone dell'emisfero meridionale sono pesantemente craterizzate e portano ancora i nomi assegnati in passato in base all'albedo: Aonia Terra, Margaritifer Terra, Terra Cimmeria, Terra Sabaea, Tempe Terra, Tyrrhena Terra, .... Foto della Aonia Terra a sinistra e di due Mensae, Deuteronilus Mensae in alto a destra, Nepentes Mensae in basso a destra.
Vastitas ce n'é solo una, è un'ampia distesa desolata attorno al Polo Nord, la Vastitas Borealis.
Mensae sono strutture pianeggianti che mantengono il nomi storici legati all'albedo: Abalos mensa, Ceti Mensa, Labeatis Mensae, Nilus Mensa, Sacra Mensa, Zephyria Mensae, ....
Paludes è stata trovata una sola struttura di questo tipo, cioè simile ai mari lunari, e le è stato assegnato il nome della zona in cui si trova: Cerberus Palus. Foto della Cerberus Palus.
Chaos tali regioni caotiche portano i nomi precedentemente utilizzati per designare le regioni circostanti in base alla loro albedo: Atlantis Chaos, Baetis Chaos, Gorgonum Chaos, Ister Chaos, Pyrrhae Chaos, Xanthe Chaos, ....
Lingulae strutture geologiche pianeggianti che terminano con una forma arrotondata, simile a un lobo e a cui sono associate nomi legati al loro albedo; ne sono state trovate cinque: Australe Lingula, Gemina Lingula, Hyperborea Lingula, Promethei Lingula e Ultima Lingula. Immagini delle Gemina Lingulae a sinistra e dei Galaxias Fluctus a destra.
Fluctus queste formazioni rocciose ondulate portano ancora i nomi legati all'albedo; al momento se ne sono trovati due: Galaxias Fluctus e Tantalus Fluctus.
Undae si tratta di campi di dune, che portano un nome legato al loro albedo; ne sono state fotografate cinque, tra la Vastitas Borealis e il Polo Nord, Albos Undae, Hyperborae Undae, Olympia Undae, Silton Undae e Aspledon Undae. Ad esse si aggiunge una piccola duna scoperta dal rover Spirit nel Gusev Crater, una piccola duna arrotondata di sabbia nera, ricca di olivina, momentaneamente chiamata El Dorado. Il campo di dune El Dorado fotografato dal rover Spirit.
Dorsa queste creste ondeggianti basaltiche hanno i nomi legati alla loro albedo: Aesacus Dorsum, Cleia Dorsa, Hesperia Dorsa, Pasithea Dorsum, Felis Dorsa, Sinai Dorsa, Xanthe Dorsa,.... Foto dell'Eumenides Dorsum e del Deuteronilus Colles.
Colles rilievi di tipo collinare che prendono i nomi dalle regioni in cui si trovano: Alpheus Colles, Ariadnes Colles, Chryse Colles, Cydonia Colles, Deuteronilus Colles, tartarus Colles, ... .
Montes rilievi molto elevati, in genere si tratta di vulcani, come nel caso dell'Olympus Mons, che hanno i nomi legati all'albedo, legati alla cultura classica greca e romana: Apollinaris Mons, Centauri Montes, Caucasus Montes, Coronae Montes, Oceanidum Mons, Sisyphi Montes, Promethei Mons, ....
Tholi questi piccoli rilievi portano il nome dato in passato a quelle zone basandosi sull'albedo chiaro o scuro. Alcuni sono il vulcano associato ad una paterae, come Biblis Tholus e Ulysses Tholus, altri sono diventati dei mons, come il Charitum Tholus diventato l'Oceanidum Mons: Ceraunius Tholus, Jovis Tholus, Mareotis Tholus, Uranius Tholus, Sisyphi Tholus, Zephyria Tholus, .... Il Ceraunius Tholus.
Paterae
il termine viene usato per indicare le caldere di alcuni vulcani, anche se impropriamente, per estensione indicano anche i vulcani e, alle volte, dei crateri d'impatto; i loro nomi sono quelli storici associati all'albedo della zona: Amphitrites Patera, Biblis Patera, Diacria Patera, Hadriatica Patera, Issedon Paterae, Pityusa Patera, Ulysses Patera, .... Foto dell'Ulysses Patera.
Crater
si tratta di crateri d'impatto a cui sono stati assegnati nomi in funzione del loro diametro; quelli con diametro maggiore di 60 Km portano il nome di scienziati, scrittori, o uomini i cui nomi sono in qualche modo legati al pianeta Marte: Alexey Tolstoy Crater, Bond Crater, Copernicus Crater, Da Vinci Crater, Eudoxus Crater, Kepler Crater, ...; tra di essi c'è il Sklodowska Crater, l'unico dedicato ad una donna, meglio nota come Marie Curie. Quelli con diametro inferiore a 60 km portano il nome di città terrestri con meno di 100.000 abitanti: Alamos Crater, Bamba Crater, Cefalú Crater, Dersu Crater, Endeavour Crater, Tugaske Crater, ....
Ai 9 piccoli crateri visitati dai rover Spirit e Opportunity la NASA ha assegnato dei nomi non ancora ufficializzati; inoltre esiste un cratere, il Galle Crater, a cui, a causa del suo aspetto, è stato assegnato un nikname: "Happy Face", Faccia Felice
Il cratere Galle, con la sua faccia sorridente.
Catenae portano i nomi assegnati in passato alle regioni che circondano tali allineamenti di depressioni o crateri: Artynia Catena, Cyane Catena, Hyblaeus Catena, Phlegethon Catena, Stygis Catena, Tractus Catena, ....Foto della Ganges Catena.
Come si vede i nomi utilizzati per le varie strutture geologiche marziane sono un miscuglio di nomi storici e di nuovi; quelli storici generalmente sono legati all'albedo, chiara o scura, della zona, vennero assegnati da Schiaparelli o Antoniadi e riprendono termini indicanti antichi popoli (Arabia Terra, Amazonis Planitia), dei, luoghi geografici reali (Syrtis Major Planum, Benacus Lacus, Mare Erythraeum) o mitologici (Cerberus Fossae, Gorgonium Sinus) ecc..
Alle volte i nomi sono stati leggermente modificati, per esplicitare il tipo di struttura geologica reale: Nix Olympica è diventato Olympus Mons, Ascraeus Lacus è diventato Ascraeus Mons.
Foto di Opportunity del cratere Eagle, della roccia Stone mountain, della parte denominata El Capitain e di un mirtillo. Le strutture scoperte nelle ultime missioni portano dei nomi temporanei, ad esempio le Columbia Hills portano il nome dei 7 astronauti morti nel disastro dell'omonimo Shuttle, mentre alle rocce e alle dune sono stati dati nomi derivano da gusti di gelato, cartoni animati (SpongeBob) e cantanti del decennio 1970 (ABBA, Bee Gees, ...).
Nel febbraio 2004 il rover Opportunity ha fotografato sulla sabbia dell'Eagle Crater e sulla roccia denominata Stone Mountain, soprattutto nella parte denominata El Capitan, nella Meridiani Planum, a sud della Arabia Terra, delle piccole "sferule" di colore grigio, di 2-3 mm di diametro, contenenti smatite; tale sferette sono meglio note come mirtilli, a causa del colore assunto nella prima immagine, in falsi colori, inviata sulla Terra. Al momento le ipotesi più accreditate per la formazione delle sferule sono due: della roccia fusa che a causa dell'espulsione da un vulcano si è polverizzata; delle concrezioni formatati dai depositi minerali dovuti al passaggio dell'acqua sulla roccia; infine delle concrezioni fossili, o di origine batterica. L'ipotesi che si trattasse di tectiti, cioè di "biglie" di roccia fusa, composte soprattutto di silicati vetrosi, prodotti dall'impatto di un meteorite, è stata scartata, a causa del successivo ritrovamento di un elevato numero di tali sferule in profondità negli strati rocciosi della zona.
Sui bordi di molti crateri, e su alcuni terreni con una notevole pendenza, l'HiRISE della sonda Mars Reconnaissance Orbiter ha scoperto delle strane striscie rettilinee nere, chiamate dark slope streaks (striature nere in pendenza), che partono da una sorgente puntiforme e si allungano nel tempo, raggiungendo la lunghezza di centinaia di metri; sembra si tratti di flussi di sabbia più scuri fuoriusciti dagli strati più profondi del terreno, oppure di "salamoia" proveniente dal permafrost sottostante. Appena formate sono di colore scuro, per poi impallidire sempre più col passare del tempo, fino a scomparire dopo circa 10 mesi dalla loro formazione. Foto di striscie nere nella Acheron Fossae.
Le strutture geologiche più interessanti e studiate di Marte sono quelle presenti nella mappa sottostante:
Mappa della superficie di Marte.

Canali
la carta dei canali disegnata da Schiaparelli. Si tratta di una fitta rete di lunghi solchi presenti sulla superficie del pianeta che per più di un secolo sono stati considerati la caratteristica più rilevante del pianeta; a queste strutture vennero assegnati fin dalle prime osservazioni i nomi di fiumi terrestri, reali o immaginari, e di personaggi mitici: Acheron, Ambrosia, Bactrus, Cadmus, Cerberus, Eurotas, Ganges, Indus, Nilus, Rha, Styx, Ulysses, ....
Vennero osservati e disegnati per la prima volta da Schiaparelli nel 1877, che, osservando successivamente la variazione delle dimensioni delle zone polari, del numero e della lunghezza dei canali, oltre a variazioni di tipo metereologico, ipotizzò che tali canali trasportassero l'acqua prodotta dallo scioglimento di parte dei poli nel resto del pianeta.
Schiaparelli riteneva che si trattasse di una rete idrografica naturale, ma l'errata traduzione in inglese del termine "canali", tradotto con "canals" (canali artificiali), invece che col termine generico channels (conformazione del terreno), portò successivamente ad ipotizzare che si trattasse di imponenti opere di canalizzazione. Questa idea divenne popolare anche grazie all'astronomo statunitense Percival Lowell, che oltre a costruire un osservatorio privato per studiare queste opere di ingegneria idraulica e a disegnarne una mappa, riteneva che Marte fosse un pianeta ricoperto di vegetazione, le zone scure; anche se nel 1909 Flammarion col suo telescopio di 84 cm aveva osservato dei disegni irregolari sulla superficie, ma nessun canale, altri astronomi seguirono le ipotesi di Lowell, rendendo popolare l'immagine di un mondo vecchio, contrapposto alla Terra di mezza età e al giovane Venere, dove la siccità aveva costretto l'evoluta cività marziana ad intervenire. La mappa dei canali disegnata da Lowell.
Alcuni canali della superficie di Marte. Tale idea, anche se con il miglioramento degli strumenti di osservazione veniva sempre più messa in discussione dagli scienziati, continuò ad essere considerata valida, o almeno da non scartare, fino al 1965, quando la sonda spaziale Mariner 4 scattò le prime foto, dimostrando che il pianeta è arido e desertico.
Le foto scattate poi tra il 1997 e il 2001 dalla sonda Mars Global Surveyor hanno portato ad abbandonare anche l'ipotesi che i canali siano letti di antichi fiumi, non essendo state scoperte sorgenti o reti fluviali di piccole dimensioni; tuttavia vicino a canyons e crateri la sonda ha fotografato delle strutture simili a canali di trasudamento.
A seguito di quanto fotografato dalle sonde inviate sul pianeta, i canali del suolo marziano sono stati raggruppati in quattro tipi:
a) canali di deflusso: ampi e profondi, come la Valles Marineris, si trovano in zone che in passato sono state soggette ad estesi collassi franosi, i graben; hanno un fondo levigato e grandi isole a forma di lacrima in corrispondenza di ostacoli naturali, inoltre raramente sono raggiunti da canali tributari. Alcuni canali di deflusso hanno origine vicino a vulcani, suggerendo che la loro formazione sia dovuta ad un riscaldamento locale del suolo che ha prodotto l'improvvisa fusione del ghiaccio sotteraneo. Foto di canali di deflusso della Noachis Terra.
 Foto dei canali di deflusso che scendono dalle pareti dell'Apollinaris Patera.   Foto dell'insieme di canali denominato Kasei Valles. b) canali dendritici: canali di piccole dimensioni, spesso riuniti in sistemi ramificati, che scendono dalle regioni elevate e assomigliano a quelli che si formano sulla Terra in zone aride dopo una violenta pioggia.
c) valli longitudinali: canali sinuosi con caratteristiche e dimensioni intermedie ai due tipi precedenti di canali.
d) canali di trasudamento: si tratta di burroni, detti gully, presenti soprattutto negli altipiani dell'emisfero meridionale, tutti orientati di 30o rispetto al Polo Sud, che contengono dei depositi di sedimenti e da cui potrebbe essere "trasudata" acqua dal sottosuolo, forse dopo che il ghiaccio, o il permafrost, si era fuso a causa del magma sottostante; non essendo stati riscontrati al loro interno né erosioni né crateri, si pensa si siano formati recentemente. Due fotografie prese a 6 anni di distanza di alcuni di questi gully mostrano dei nuovi sedimenti. Non si esclude ancora che l'acqua che ha prodotto tali canali possa provenire da precipitazioni o altre fonti non sotterranee. Foto della Nirgal Vallis della sonda Viking e dettagli dei gully trovati nella valle, nella zona del rettangolino bianco.
Foto della Mars Express della Teviot Valles, uno dei canali della Reull Vassis. Grazie alle sonde si è potuto capire come i numerosi canyons e canali si possono essere formati, è ormai sicuro che circa 3.5 miliardi di anni fa, all'inizio dell'era Esperiana, a causa di un brusco rialzo della temperatura, una quantità d'acqua pari a quella del Mediterraneo e del Golfo del Messico sommate assieme, irruppero in superficie provocando catastrofiche inondazioni; infatti la geometria dei canali di deflusso sembra indicare velocità elevatissime dei corsi d'acqua.
Le cause dell'innalzamento della temperatura potrebbero essere varie: l'effetto serra, causata da un'atmosfera molto più densa della attuale, l'impatto di una cometa o di un asteroide, la circolazione idrotermale associata al vulcanesimo, che potrebbe aver portato in superficie l'acqua contenuta in profondità, o infine una notevole variazione dell'inclinazione dell'asse di rotazione, che avrebbe portato all'equatore le calotte polari.
Acqua e ghiaccio
Le prime evidenze di tracce di ghiaccio d'acqua sul pianeta risalgono al 2005, quando la sonda Mars Express ha fotografato un lago di ghiaccio all'interno di un cratere vicino al Polo Nord; inoltre i dati della Mars Express, combinati con quelli della NASA, hanno permesso di calcolare che il ghiaccio d'acqua presente al Polo Sud, se sciolto, potrebbe coprire la superficie del pianeta con 11 m. d'acqua.
Tale quantità d'acqua non è comunque sufficiente a spiegare le estese erosioni della superficie rilevate con le ultime missioni, quindi gli scienziati hanno ricercato altri depositi d'acqua; dall'estate 2008 la presenza di ghiaccio d'acqua al di fuori delle calotte polari è ormai sicura, è infatti presente sottoforma di permafrost, fino a 60o di latitudine e fino a 3 km di profondità.
Le analisi del terreno effettuato dai rover sul pianeta, hanno confermato che in passato e per lunghi periodi sulla superficie del pianeta c'è stata dell'acqua liquida, come sembrano dimostrare la formazione della Valles Marineris e dei suoi canali di fuoriuscita, durante le fasi iniziali della storia di Marte; più recentemente dalla frattura denominata Cerberus Fossae, si sarebbe originato il mare ghiacciato attualmente visibile sulla Elysium Planitia. Tuttavia non è ancora possibile escludere che queste strutture possano essere dovute a correnti laviche anziché all'acqua. Si dibatte ancora sul fatto che in passato nei crateri ci fossero dei laghi e che l'emisfero nord del pianeta fosse un unico grande oceano, profondo mediamente 500 m, mancando ancora delle prove che suffraghino tali ipotesi; in seguito gran parte di tale acqua potrebbe essere evaporata nell'atmosfera, per poi disperdersi nello spazio.
Ricostruzione delle fasi della lenta sparizione dell'acqua liquida superficiale.
Disegno che riproduce come dovrebbe prodursi un geyser di polveri, acqua e anidride carbonica nella zona polare. Un'altra prova dell'esistenza passata di acqua liquida su Marte è la presenza sul pianeta di minerali che si formano in presenza di acqua, come l'ematite, la goethite (ossido e idrossido di ferro) e di minerali idrati; inoltre la sonda Mars Global Surveyor ha fotografato, soprattutto negli altopiani dell'emisfero meridionale, alcune centinaia di canali di trasudamento, o gully, presso crateri e canyon, tutti con un orientamento di 30o rispetto ai meridiani.
A causa della bassa pressione atmosferica la presenza di acqua liquida sul pianeta è impossibile, tranne che in profonde depressioni e solo per brevi periodi, infatti in queste condizioni il ghiaccio sublima velocemente, diventando vapore; durante la sua missione il Phoenix Mars lander, oltre a fornire le prove chimiche dell'esistenza in passato di acqua liquida sul pianeta, ha permesso di supporre che nell'ultimo decennio ci siano stati nei pressi del Polo Sud delle fuoriuscite di acqua grazie a fenomeni simili ai geyser.
Calotte polari
Le due calotte polari marziane sono permanenti e furono osservate per la prima volta nel XVII secolo, da Cassini e Huygens; entrambe sono composte soprattutto di ghiaccio d'acqua, ricoperto da uno strato di ghiaccio di anidride carbonica, spesso in inverno 1 m al Polo Nord e 8 m al Polo Sud. Fin dal XVII secolo si rilevò che la loro estensione variava nel tempo; a variare con le stagioni sono le calotte di anidride carbonica ghiacciata, al punto che in estate la calotte settentrionale mostra la sottostante calotta di acqua ghiacciata. Infatti il residuo estivo di entrambe le calotte è costituito essenzialmente di strati di ghiaccio d'acqua mescolato a sabbia e polvere, ma mentre nella calotta nord il ghiaccio di anidride carbonica si sublima completamente, in quella sud la calotta di anidride carbonica è permanente, ma mostra degli alveoli di dimensioni variabili nel tempo, con una struttura simile a quello del formaggio svizzero groviera (swiss cheese features).In inverno l'emisfero meridionale è più lungo e freddo, quindi la calotta polare è più estesa, mentre in estate succede il contrario: la calotta sud si estende per 300 km, mentre la nord per circa 1000 km, con uno spessore di 2-3 km. Foto dei due poli marziani, sopra il Polo Nord, sotto il Polo Sud, e animazione ottenuta assemblando le foto prese dalla sonda Mars Global Surveyor.
Foto del terreno a formaggio svizzero del Polo Sud. In entrambe le calotte il ghiaccio forma delle spirali, separate da chasmate, che, a causa della forza di Coriolis, sono in senso orario al Polo Nord, e antiorario al Polo Sud; questo disegno è la diretta conseguenza dal calore solare disomogeneo, che produce processi di sublimazione-condensazione diversi tra le zone in cui permane il ghiaccio e le chasmate. Inoltre la variazione di temperatura stagionale, essendo responsabile della contrazione ed estensione del ghiaccio, è la probabilmente la causa delle frane che sono state fotografate dalla Mars Reconaissance Orbiter al Polo Nord nel 2008.
Il ciclo di condensazione-sublimazione dell'anidride carbonica comporta anche una variazione nella pressione atmosferica di più del 30%, inoltre nell'emisfero settentrionale durante l'estate sublima anche parte del ghiaccio d'acqua, immettendo grandi quantità di vapore d'acqua nell'atmosfera.
Durante l'inverno le calotte sono perennemente al buio e quando tornano ad esporsi alla luce del Sole e l'anidride carbonica sublima si produce un forte vento che si allontana dai poli a circa 400 km/h; un esempio dell'azione di questi venti sono le dune dei depositi di sabbia basaltica nei pressi del Polo Nord e l'esistenza di crateri completamente spianati, appena disegnati su un piano orizzontale.
Grazie alla sonda Mars Express si sa che la spessa lastra di anidride carbonica ghiacciata della calotta polare meridionale, ha un contenuto di acqua ghiacciata variabile, in percentuale, con la latitudine; si possono quindi identificare due zone: fino a 80o di latitudine la calotta polare vera e propria, composta dall'85% di ghiaccio di anidride carbonica e dal 15% di ghiaccio d'acqua, e la parte quasi interamente composta di ghiaccio d'acqua, che inizia con delle "scarpate" molto ripide, che finiscono sulle le pianure circostanti.
La zona di transizione tra le scarpate ed il permafrost, cioè tra 60o e 80o di latitudine, è chiamata "regione misteriosa", in essa il ghiaccio ha uno spessore di solo 1 m e presenta delle strutture geologiche particolari, legate probabilmente allo stagionale processo di congelamento-decongelamento.
Foto della sonda Surveyor delle spirali di ghiaccio nei due poli e, per il Polo Nord, foto della Mars Reconaissance Orbiter prese nel 2008 delle scarpate e i una frana.
Foto di punti neri e spider su dune del Polo Sud. Sulle dune presenti nella zona appaiono in primavera, e restano visibili per qualche mese, dei punti neri, detti Dark dune spots, larghi 15-45 m, separati di alcune centinaia di metri; spariscono infatti poco prima che inizi l'autunno, per riapparire poi la primavera seguente, alle volte nello stesso punto. I punti neri sono spesso associati a dei "disegni" neri, dei canali radiali profondi 1 m e di 160-300 m di diametro, che somigliano a dei ragni, denominati appunto Spider, che appaiono a stagione inoltrata; entrambi i fenomeni si sospetta siano dovuti ai geyser osservati nella zona misteriosa.
I geyser probabilmente si formano a causa della sublimazione di uno strato di anidride carbonica gelata che si trova sotto uno strato di polvere; la pressione del gas così prodotto è infatti sufficiente a produrre dei getti che trasportano delle particelle di polvere basaltica o fanghiglia di colore più scuro a più di 160 km/h, che poi ricadono sulla superficie, formando le strutture osservate. Il geyser dura molto poco, in genere alcuni giorni, inoltre oltre a espellere anidride carbonica sublimata e polveri espellono anche acqua; sia l'acqua che le polveri verrebbero da strati poco profondi, appena sotto la superficie, e verrebbero espulsi attraverso delle fessure secondo un processo regolato dalla pressione atmosferica: all'aumentare della pressione il gas non fuoriesce, quando questa cala fuoriesce. Foto dei punti neri presenti sulle dune del Polo Sud e dettaglio delle medesime; alle volte l'angolazione della foto fa sembrare che tali punti neri siano degli alberi.

Atmosfera
Marte è dotato di un'atmosfera molto rarefatta, infatti la pressione atmosferica al suolo è pari a circa lo 0.6% di quella terrestre; tuttavia essa è sufficiente a proteggere in parte la superficie dalla radiazione solare e cosmica e che può essere utilizzata per manovre di aerofrenaggio da parte di sonde spaziali.
Foto dell'atmosfera marziana presa dalla sonda Viking. La rarefazione atmosferica è la responsabile dell'aspetto irreale del paesaggio marziano a causa dello strano colore del cielo; è infatti incapace di trattenere le radiazioni solari blu e violette, che rendono il cielo terrestre azzurro, inoltre le frequenti e violente tempeste di sabbia lasciano una grande quantità di polvere in sospensione, colorando il cielo di rosa. Oltre ad essere rarefatta l'atmosfera è anche molto sottile, solo qualche chilometro di spessore, infatti essendo la magnetosfera globale pressochè inesistente, il vento solare colpisce direttamente la ionosfera marziana e ne asporta gli atomi della parte più esterna, come rilevato dalle sonde Mars Global Surveyor e Mars Express.
Poichè è ormai sicuro che in un lontano passato Marte possedesse un'atmosfera più consistente, così come che ci fosse dell'acqua liquida in superficie, alcuni scienziati ipotizzano che ci sia un legame tra l'assottigliamento dell'atmosfera e la sparizione dell'acqua superficiale; in passato infatti una percentuale significative dell'atmosfera potrebbe essere stata "espulso" a seguito di una catastrofica collisione con un oggetto celeste sufficentemente esteso, o a causa dell'interazione tra il campo magnetico marziano e il vento solare, oppure può essersi trattato di una lenta "erosione" dovuta al vento solare.
In effetti affinchè sulla superficie del pianeta ci sia dell'acqua liquida occorre che la pressione atmosferica sia molto maggiore di quella rilevata, tra 0.3 millibar dell'Olympus Mons e 11.55 millibar della Hellas Platinia, infatti che anche se la temperatura su Marte può superare i 0oC, la sua pressione è generalmente inferiore a quella del punto triplo dell'acqua, che quindi potrebbe brevemente esistere sulla superficie in forma liquida, subito prima di evaporare; una eccezione potrebbe essere rappresentato dal cratere Hellas Planitia che, essendo il più grande cratere di Marte, ha sul fondo una pressione atmosferica leggermente superiore a quella del punto triplo, per cui se la temperatura supera i 0oC può contenere acqua liquida. Inoltre quando, all'aumentare della temperatura superficiale, il ghiaccio d'acqua presente su Marte sublima, il vapore acqueo immesso nell'atmosfera può, a causa del vento solare, allontanarsi nello spazio. Animazione dell'ESA, costruita sui dati della Mars Express, che mostra l'interazione tra il vento solare e l'atmosfera terrestre.
Grazie ai dati pervenuti delle sonde si è potuto suddividere l'atmosfera in 4 grandi strati, che ricordano nel nome quelli terrestri:
- Troposfera, o Bassa Atmosfera, che si estende dalla superficie fino a circa 45 km d'altitudine ed è caratterizzata da un lento calo della temperatura all'aumentare della medesima. È in essa che si trovano le polveri in sospensione, che alle volte causano le tempeste di polveri; durante tali tempeste la temperatura atmosferica può aumentare di molto, riducendo gli scambi termici con la superficie.
- Mesosfera, o Strato Atmosferico Medio, che si estende da 45 km a 110 km di altitudine; in essa la temperatura è relativamente costante, anche a causa della presenza di una corrente che la attraversa interamente. A 110 km di altitutine è presente una Mesopausa, una zona in cui avviene una inversione termica.
- Termosfera, o Alta Atmosfera, che si estende dalla Mesopausa, 110 km, fino a 200 km d'altitudine; in essa la temperatura aumenta in funzione dell'altitudine, a causa dell'assorbimento dei raggi ultravioletti. All'interno di questo strato atmosferico si trova la ionosfera, scoperta dalle sonde russe Mars 2 e Mars 3 a circa 140 km d'altezza dal suolo marziano, che si estende tra 100 km e 800 km d'altitudine; in essa la radiazione solare ionizza i gas presenti, sia a causa della bassa densità atmosferica, che per la penetrazione nell'atmosfera del vento solare, a causa dell'assenza di un campo magnetico. Da questo strato i singoli gas cominciano a separarsi, non formando il miscuglio che caratterizza gli starti inferiori.
- Esosfera, o Atmosfera Esterna, comincia a 200 km dalla superficie e in essa i gas atmosferici si disperdono lentamente nello spazio; non si è quindi in grado di trovare un suo confine superiore.
elemento % atmosferica
Anidride
carbonica
95.32
Azoto 2.7
Argon 1.6
Ossigeno 0.13
Monossido
di carbonio
0.07
Acqua 0.03
Monossido
d'azoto
0.01
Neon tracce
Kripton tracce
Xenon tracce
Ozono tracce
Metano tracce
Le nubi di ghiaccio d'acqua fotografate dalla sonda Phenix nell'agosto 2008.

Le nubi fotografate dal rover Opportunity nel agosto 2008.
Fin dalle missioni Viking si sapeva che nell'atmosfera la presenza di anidride carbonica era rilevante, il 95%, con piccole percentuali di azoto, 2.7%, di argon, 1.6%, e tracce di monossido di carbonio, ossigeno e vapore acqueo. La pressione e la composizione atmosferica varia notevolmente durante le stagioni, soprattutto ai poli; infatti durante l'inverno i poli sono costantemente al buio e la superficie è talmente fredda che circa il 25% dell'anidride carbonica atmosferica si condensa in ghiaccio, quando poi arriva l'estate i poli sono costantemente esposti al Sole e il ghiaccio sublima nell'atmosfera.
Anche per il vapore acqueo ci sono forti variazioni stagionali, infatti quando con l'estate il ghiaccio di anidride carbonica sublima lascia scoperto il ghiaccio d'acqua, che può così evaporare, formando della nebbia, della brina e delle nubi di cristalli di ghiaccio nella bassa atmosfera. Alcune di queste nubi sono state fotografate per la prima volta dal rover Opportunity nel marzo 2004; nel settembre 2008 il lander Phenix ha fotografato della neve proveniente dalle nuvole che si trovavano 4.5 km al di sopra dell'Heimdall Crater, nel polo sud, che però è evaporata prima di raggiungere il suolo, come il fenomeno metereologico terrestre denominato virga. Le nubi che circondano le montagne variano a seconda della stagione, ad esempio nell'emisfero nord appaiono attorno all'Olympus Mons e all'Ascreus Mons solo in primavera ed estate, e raggiungono la loro massima estensone nella tarda primavera; in ogni caso la maggior quantità di nubi viene osservata durante la stagione invernale.
Non ci sono solo nubi di acqua, infatti sono stati osservati cirri simili a quelli terrestri, o anche di tipo ciclonico, formati da CO2.
Per quanto riguarda la quantità di ozono rilevata risulta troppo scarsa per poter proteggere il pianeta dalle radiazioni ultraviolette.
L'argon su Marte è presente nell'atmosfera in percentuale superiore rispetto a tutti gli altri pianeti del Sistema Solare e non condensa mai durante l'anno marziano, tuttavia la sua concentrazione relativa in un luogo può variare in funzione della percentuale di CO2; di recente le sonde hanno rilevato che sopra il Polo Sud del pianeta in autunno c'è un aumento della quantità d'argon atmosferico, che poi si dissipa la primavera successiva.
Nell'atmosfera è stata trovata anche dell'ammoniaca, anche se risulta altamente instabile e dura solo qualche ora; ci sono tuttavia ancora delle perplessità in quanto alcuni ritengono che la strumentazione utilizzata non fosse sufficientemente sensibile da distinguere l'ammoniaca dall'anidride carbonica.
Grazie ai dati ottenuti nel marzo 2004 dalla sonda Mars Express è ormai sicuro che nell'atmosfera è presente del metano con una concentrazione media di 10 parti su 1 miliardo, in certe zone anche in quantità superiori; essendo inoltre il metano un gas instabile, che nelle condizioni atmosferiche marziane viene scomposto dalla radiazione ultravioletta in circa 340 anni, è ormai sicuro che sia di origine recente.
Una roccia di serpentino.
Le concentrazioni di metano rilevate dalla Mars Express. Tra le possibili fonti di metano ci sono l'attività vulcanica, l'impatto di comete e/o di asteroidi, la presenza di forme di vita microbiche che generano il metano ed infine un processo non biologico, chiamato serpentinizzazione, in cui dall'interazione tra olivina, acqua e anidride carbonica si ottiene la serpentinite, o serpentino, (roccia piuttosto tenera giallo-verde che al tatto ricorda la pelle di serpente e che spesso viene usata nei pavimenti insieme al marmo). L'ultima ipotesi è legata al fatto che tale silicato di magnesio e calcio è molto comune su Marte, anche se sono necessarie valori per la temperatura e la pressione non presenti in superficie, ma che potrebbero essere presenti all'interno della crosta. Del metano è presente anche nei pennacchi dei geyser, e si pensa che ci siano due regioni particolarmente attive (30oN e 260oW, 0oN e 310oW; considerando che a metà estate il geyser più grande dell'emisfero nord emette circa 0.6 kg/s di metano, per un ammontare totale di 19 tonellate, e che la vita media della formaldeide, prodotta dall'ossidazione del metano, è di 7 ore, si ricava che le sorgenti di metano hanno una produzione annua di circa 270 tonellate. L'ESA ha anche constatato che le zone in cui è stato rilevato il metano coincidono con quelle in cui è presente del vapore acqueo; in particolare mentre nella Alta Atmosfera sono entrambi distribuiti in maniera uniforme, presso la superficie essi si concentrano in 3 regioni equatoriali: Arabia Terra, Elysium Planitia e Arcadia Memnonia.
Nell'ultimo decennio del XX secolo le osservazioni effettuate con il telescopio spaziale Hubble hanno mostrato che il clima ha subito un brusco abbassamento termico di almeno 20 oC, rispetto ai tempi delle missioni Viking e che, contemporaneamente, l'atmosfera è diventata più secca e trasparente. Successivamente, confrontando le immagini prese al Polo Sud dalla sonda Mars Global Surveyor nel 1999 con quelle del 2001, si è notato che a causa della sublimazione le buche presenti nel ghiaccio di anidride carbonica del Polo Sud, denominate "a formaggio svizzero", si sono ingrandite di circa 3 m per anno marziano, mentre nelle regioni a basse latitutini è aumentato il ghiaccio d'acqua; tutto ciò porta a sospettare che sia in corso un riscaldamento globale, dovuto forse all'attività solare, associata alle irregolarità orbitali. Le formazioni a formaggio svizzero del Polo Sud marziano.
La temperatura della superficie è stata calcolata grazie all'uso di frequenze radio in varie regioni del pianeta, ed è risultata di -63oC (218 K) in media, con variazioni tra -143oC e 27oC (133 K-300 K); inoltre si è rilevato una elevata escursione termica tra il giorno e le notte: nella Chryse Planitia, dove è sceso il Viking 2, varia tra -89 oC e -24 oC.
Foto della sonda Surveyor di una tempesta estiva al Polo Nord. Tale forte variabilità termica è sicuramente dovuta al fatto che Marte non è in grado di trattenere il calore al suolo, a causa dello spessore molto piccolo dell'atmosfera e della mancanza di oceani.
Sicuramente la causa principale delle variazioni termiche e di pressione riscontrate sul pianeta sono le variazioni della percentuale di luce solare non assorbita e riemessa dal pianeta in zone diverse della sua superficie, in quanto, a causa della forte eccentricità orbitale, al perielio il pianeta assorbe il 45% di energia in più rispetto a quella assorbita all'afelio, inoltre al perielio è estate nell'emisfero meridionale, mentre all'afelio è estate nell'emisfero settentrionale, quindi l'estate dell'emisfero sud può essere più calda anche di 30oC rispetto a quella dell'emisfero nord; questo spiega anche perchè le tempeste sono più violente nell'emisfero sud.
Marte è sede delle più grandi tempeste di sabbia del Sistema Solare, infatti le tempeste possono interessare piccole zone come coprire l'intero pianeta e in genere si sviluppano quando il pianeta è più vicino al Sole; infatti le grandi tempeste di polvere si sviluppano tendenzialmente a cavallo del solstizio d'estate nell'emisfero Sud, quando Marte è al perielio, e le forti differenze di temperatura tra il polo e le regioni limitrofe provocano la nascita di forti venti stagionali, simili ai nostri alisei, che possono raggiungere i 400 km/h di velocità e che sono in grado di sollevare la polvere che ricopre gran parte del suolo marziano, fino ad altezze di 10-20 km.
La polvere in sospensione assorbe la radiazione solare provocando un generale riscaldamento dell'atmosfera, che genera ulteriori forti venti; in questo modo la tempesta si auto-alimenta e può arrivare ad estendersi su tutto il pianeta, come nel caso della tempesta del settembre 2001 fotografata dal telescopio spaziale Hubble.
Fotografie dello Space Telescope Hubble di una tempesta di sabbia marziana del 28 ottobre 2005, di una tempesta nel giugno 2001 e dell'evoluzione di quest'ultima nel settembre 2001.
Poichè Marte è più freddo e secco della Terra le polveri sollevate dal vento tendono a restare nell'atmosfera più a lungo, anche per mancanza di precipitazioni che la potrebbero "ripulire", inoltre impediscono al calore solare di raggiungere il suolo, causando il raffreddamento della superficie; infatti durante la tempesta del 2001 sono state rilevate temperature atmosferiche di circa 30oC, mentre al suolo si avevano solo 10oC. Infine i venti cessano, la tempesta si placa e la polvere torna a depositarsi lentamente sulla superficie.
Oltre alle tempeste di polvere sulla superficie si creano anche dei Dust Devil (mulinelli di polvere), il primo è stato fotografato il 25 giugno 2001 dalla sonda Mars Global Surveyor e il 26 febbraio 2007 il rover Spirit è riuscito ha seguirne in parte lo sviluppo.
Filmato ottenuto montando le foto prese dal rover Spirit. Si vede che la colonna si piega, seguendo la direzione del vento e che a un certo punto la base del tornado diventa molto più larga. Questo potrebbe essere causato dall'incontro con un profondo strato di sabbia, che, a causa dell'impatto, porterebbe una fuoriuscita di una notevole quantità di materiale dalla colonna. Il fatto che verso la fine del filmato sembra che la colonna di polvere si muova più velocemente è legato al fatto che aumenta l'intervallo di tempo fra le foto effettuate dalla sonda.
È ormai certo che su Marte esiste una sola cella di Hadley, che raggiunge altitudini maggiori di quelle tipiche della Terra e che si estende su entrambi gli emisferi, in essa alle basse latitudini la circolazione atmosferica è dominata dallo stesso processo presente sulla Terra, mentre alle alte latitudini il tempo è regolato da una serie di regioni ad alta e bassa pressione; inoltre all'interno della cella la circolazione atmosferica inverte il verso 2 volte in un anno marziano.
La prima osservazione di una tempesta marziana di sabbia risale al 1809, quando H. Flaugergues annunciò di avere osservato delle "nubi gialle" sulla superficie del pianeta, mentre l'osservazione della prima tempesta di tipo ciclonico, simile ai cicloni terrestri, si deve alla sonda Viking, nel 1976; successivamente sono state osservate da molte sonde e telescopi.
Foto di un ciclone marziano fatta il 20 febbraio 2007 dal telescopio spaziale Hubble.
Tali tempeste sono di colore bianco ed appaiono soprattutto in estate nelle zone ad alte latitudini dell'emisfero nord ed è stata avanzata l'ipotesi che siano dovute alle condizioni climatiche uniche del Polo Nord marziano. Tempeste, anche se non di tipo ciclonico, sono state fotografate in prossimità delle montagne marziane.
Sia la temperatura che la circolazione atmosferica marziana varia di anno marziano in anno marziano, ma il tempo atmosferico è più ripetitivo, e quindi prevedibile, di quello terrestre; infatti se un qualunque evento si produce durante in un certo periodo dell'anno, è molto probabile che si riproduca durante l'anno seguente nello stesso luogo e nello stesso periodo.
Foto del Mars Global Surveyor prese rispettivamente nel giugno 2001 e nell'aprile 2003 della nube di polvere sopre l'Arsia Mons. Per quanto riguarda le montagne l'unico fenomeno atmosferico che si è ripetuto a distanza di 1 anno è stato la formazione in autunno, per un breve periodo di tempo, di una nube spiraliforme di polvere al di sopra l'Arsia Mons, fotografata dalla sonda Mars Global Surveyor il 19/6/2001 e il 24/4/2003, che entrambe le volte ha raggiunto la massima altezza, 30 km; sugli altri vulcani di Tharsis sono state osservate delle nubi di ghiaccio d'acqua, ma nessuna spirale di polvere.

Campo magnetico
Marte non possiede un campo magnetico globale di tipo dipolare, come la Terra, in quanto non possiede un nucleo liquido che funzioni da dinamo; tuttavia la sonda Mars Global Surveyor ha rilevato nelle rocce più antiche un debole magnetismo residuo, pari allo 0.003% di quello terrestre, che porta a pensare che in un lontano passato il nucleo fosse liquido e che ci fosse quindi un campo magnetico bipolare. Considerando che è stata constatata l'assenza di magnetismo sopra gli Argyre Craters e l'Hellas Planitia, che fino a circa 4 miliardi di anni fa esistevano dei movimenti tettonici, si presume che la magnetosfera sia diventata quasi inesistente proprio circa 4 miliardi di anni.
La maggior parte delle sorgenti di campo magnetico si trova nelle regioni altamente craterizzate dell'emisfero sud, le pianure dell'emisfero nord ne contengono molte di meno.
Animazione dell'ESA, costruita sui dati della Mars Express, che mostra le zone della crosta con un campo magnetico; il colore indica la forza del campo (rosso la maggiore).
Animazione dell'ESA, costruita sui dati della Mars Express, che mostra le aurore che si formano sopra le zone della crosta con un forte campo magnetico. Analizzando i campi magnetici a bande delle Terra Cimmeria e Terra Sirenum si è visto che sono simili a quelle dei fondali oceanici terrestri dove è attiva la tettonica delle placche, cioè presentano una struttura a "pelle di zebra", in quanto presentano delle bande affiancate di polarità invertite,anche se appaiono meno regolari che sulla Terra. Questi campi magnetici locali sembrano l'analogo delle anomalie magnetiche terrestri, inoltre al di sopra delle zone in cui il campo è più forte la sonda Mars Express ha osservato che si producono delle aurore, che non sono normalmente visibili in quanto avvengono soprattutto nell'ultravioletto.
Si è anche scoperto che pur essendo assente la magnetosfera a livello globale, il campo magnetico residuo è tuttavia sufficientemente intenso da deviare il vento solare e dare luogo ad una quasi inesistente magnetosfera, grazie anche al fatto che la maggiore distanza dal Sole rende meno violente le conseguenze della sua attività.

 

Tabella riassuntiva sul Sistema Solare

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© Loretta Solmi, 2011