Impatti meteorici

Gli impatti

Le immagini inviate a Terra dalle missioni spaziali hanno confermato che il fenomeno degli impatti meteorici è presente nella maggior parte dei corpi del Sistema Solare e che tale meccanismo gioca un ruolo di fondamentale importanza nell'evoluzione del Sistema Solare sia come fenomeno distruttivo che come fenomeno di rimodellamento delle superfici planetarie; infatti gli impatti producono effetti importanti sui corpi colpiti.

Obliquità degli assi di rotazione
Tutti i pianeti hanno l'equatore che non è complanare con il piano orbitale, una situazione che non si riuscirebbe a spiegare in modo credibile ipotizzando un accrescimento graduale da polveri.

Pianeta Obliquità Pianeta Obliquità

Mercurio 0o1' Giove 3o1'
Venere 177o Saturno 26o7'
Terra 23o26' Urano 97o52'
Marte 25o12' Nettuno 29o56'

La spiegazione più semplice è legata al verificarsi di colossali e violentissimi impatti in tutto il Sistema Solare anche nelle epoche successive alla sua formazione. Scontri in grado di intervenire pesantemente non solo sulla morfologia superficiale dei pianeti, ma anche sulle loro caratteristiche dinamiche; per giustificare la situazione di Urano, ad esempio, si ipotizza un impattore con dimensioni paragonabili a quelle della Terra.

Strutturazione dei pianeti
Nei pianeti di tipo terrestre si è verificata una drastica differenziazione tra gli elementi più pesanti, fondamentalmente ferro e nichel, e quelli meno pesanti, vari composti silicatici, quali olivina e pirosseni; tale differenziazione è dovuta a ripetuti e globali fenomeni di fusione che hanno portato verso il centro del pianeta gli elementi più pesanti, con la conseguente separazione tra nucleo e mantello.
Un simile fenomeno richiede una spaventosa quantità di energia, che una sorgente di tipo collisionale è certamente in grado di fornire, soprattutto se si considera il tasso di impatti che avrebbe caratterizzato le fasi iniziali del Sistema Solare; dallo studio della craterizzazione lunare si ritiene infatti che in queste fasi si sia verificato un catastrofico bombardamento, che avrebbe coinvolto oggetti con dimensioni anche superiori a 100 km di diametro. L'intensità del bombardamento meteorico sarebbe diminuita drasticamente circa 3.8 miliardi di anni fa.

Testimonianze di impatti
La superficie lunare Una testimonianza concreta della violenza degli impatti negli stadi iniziali della vita del Sistema Solare ci proviene dallo studio delle superfici della Luna e di Mercurio. Le superfici di entrambi sono caratterizzate dalla presenza di una fitta craterizzazione, piccole strutture e grandi bacini di impatto che confermano l'intenso bombardamento che ha caratterizzato tutta la zona interna del Sistema Solare e che si è protratto nel tempo con una graduale diminuzione sia delle dimensioni dei corpi impattanti che del loro numero.
TerraSulla Terra i crateri d'impatto vengono erosi, ricoperti da altre rocce, o subdotti dalla deriva delle placche. Fra i più recenti e tuttora visibili vi è il Meteor Crater dell'Arizona (50.000 anni), con un diametro di 1.2 Km ed una profondità di 185 metri; fra quelli fossili più famosi ci sono il Chicxulub Crater di 180 km, creato in Messico dal meteorite responsabile dell' estinzione dei dinosauri, il Bedout Crater di 200 km, nell'Oceano Indiano vicino all'Australia, e il Sudbury Crater, Canada, di 200-300 km; quest'ultimo ha una profondità di 6 km, ma inizialmente doveva essere di 30 km: l'impatto, che si stima sia avvenuto ad una velocità maggiore di 40 km/s, potrebbe aver fuso 27.000 km cubi di crosta terrestre.Il Meteor Crater in Arizona
Immagine radar aerea del cratere Subdury (è la depressione a forma di banana a sinistra del lago)
MercurioIl bacino d'impatto più noto è la Caloris Planitia, in cui sono ben visibili gli anelli concentrici (cratere multiring); il diametro della struttura, ricavato valutando l'anello più elevato, è di 1.340 km; se però si considera l'anello più esterno il valore del diametro raggiunge i 3.700 km.
VenereLa testimonianza maggiore in merito al ruolo che gli impatti hanno giocato per Venere è il moto di rotazione retrogrado del pianeta, unico in tutto il Sistema Solare, eccettuando Urano, riconducibile ad un gigantesco urto avvenuto nei momenti iniziali della sua formazione.
Crateri da impatto su VenereIl fatto che sul pianeta non sono stati individuati crateri di diametro inferiore ai 3 km è da imputare alla potente azione di filtro giocata dalla densa atmosfera venusiana, in grado di distruggere i meteoroidi al di sotto di una certa dimensione oppure di frenarne la caduta al punto da non produrre cratere al momento dell'impatto con la superficie.
In ogni caso si dovrebbe manifestare al suolo l'azione dell'onda d'urto trasmessa dal meteoroide all'atmosfera e tale potrebbe essere il meccanismo che ha originato alcune particolari strutture superficiali.
MarteL'analisi delle strutture d'impatto ci permette alcune considerazioni sulla composizione del suolo marziano suggerendo l'abbondante presenza di acqua sotto forma di permafrost, per questo, gli ejecta dei crateri d'impatto mostrano un contorno lobato invece che a raggiera, interpretabile come dovuto al fango formatosi allo scioglimento del terreno ghiacciato ad opera del calore generato dall'impatto e successivamente congelato, dopo aver ricoperto la zona circostante.Foto del bordo di uno dei crateri da impatto di Marte
Una possibile risposta al problema dell'origine di queste grandi quantità di acqua è suggerita da Christopher F. Chyba: l'intenso bombardamento ad opera di comete ed asteroidi carbonacei nell'epoca iniziale della formazione del Sistema Solare avrebbe apportato sulla superficie del pianeta rosso uno strato uniformemente distribuito di 10-100 metri d'acqua.
Giove e satellitiIn occasione dell'impatto con la cometa Shoemaker-Levy 9 nel luglio 1994 si sono potuti notare gli impressionanti ed evidentissimi segni lasciati dai frammenti nell'atmosfera di Giove, ma si è potuto osservare anche che nel volgere di un anno le tracce erano notevolmente diminuite in intensità, chiara indicazione della potente azione dell'atmosfera gioviana, in grado di disperdere rapidamente le polveri ed i gas originatisi nell'impatto e rimasti in sospensione.
Catena di crateri su Ganimede Per quanto riguarda i satelliti la superficie di Ganimede racconta un passato di violenti impatti e la diversità nella distribuzione dei crateri può essere interpretata come una conseguenza delle differenti età dei terreni. Con ogni probabilità l'intensa attività geologica ha nascosto gli impatti più antichi, per cui ci sono solo strutture relativamente piccole, se si esclude il bacino Gilgamesh, una struttura di 550 km di diametro.
Callisto è per dimensioni uguale a Mercurio e presenta una superficie con una fitta craterizzazione, con la presenza di larghi bacini d'impatto, i due maggiori sono Valhalla con diametro di 4000 km e Asgard di circa 1700 km, segnale che la sua superficie non è stata ringiovanita e rimodellata dalla attività geologica.
Per Europa le immagini inviate dalle sonde, soprattutto dalla Galileo, mostrano sparsi tra le caratteristiche striature della superficie numerosi crateri piccoli e grandi: si può senza difficoltà identificare l'evidente struttura a raggiera di Pwyll, un cratere recente con diametro di 26 km, e una struttura craterica multi ring di 140 km di diametro, scoperta in una immagine del 4 aprile 1997.
Il cratere Pwyll fotografato dalla Galileo
Satelliti di SaturnoMimas col cratere Hershel fotografati dal Voyager 1 Sulla superficie di Mimas spicca il gigantesco cratere Herschel di 130 km di diametro, che ha fatto ipotizzare che l'impatto che l'ha creato sia causa dell'inclinazione orbitale di Mimas (circa 1,5°). Mimas inoltre, analogamente a Rea e Giapeto, mostra una saturazione di piccoli crateri ed una carenza di quelli maggiori di 30 km.

I crateri

Le fasi di formazione
L'impatto è solitamente un fenomeno estremamente rapido e si svolge completamente in tempi che vanno da frazioni di secondo a pochi minuti, durante i quali si possono identificare 4 fasi che in parte si sovrappongono:
Compressione
Il meteorite colpisce la superficie planetaria e si innesca un sistema di onde d'urto che trasferiscono energia cinetica sia al pianeta che al meteorite stesso.
Può esserci un'onda d'urto che precede di poco l'impatto vero e proprio, dovuta alla violenta compressione dell'aria che il meteorite incontra nella sua discesa. La pressione che si viene a generare nel momento dell'impatto è elevatissima e può portare al violento sgretolarsi del meteorite, con una vera e propria esplosione, e la quasi istantanea sua vaporizzazione, come parte del materiale superficiale planetario presente nella zona dell'impatto. Schema della fase di compressione
Escavazione
Le onde d'urto generate dall'evento si propagano nel terreno con una velocità iniziale di circa 10 km/sec, questa compressione, associata all'espulsione di materiali dal luogo dell'impatto, origina la cosiddetta "cavità transiente", l'enorme voragine iniziale destinata a trasformarsi nel cratere vero e proprio, un cratere che è quasi sempre abbastanza circolare, perché poco dipendente sia dalla forma dell'impattore che dalla sua direzione di provenienza. Schema della fase di escavazione
Espulsione dei materiali
Inizialmente la velocità di espulsione dei materiali è notevole, anche qualche km/sec, ma poi si attenua stabilizzandosi su valori dell'ordine di 100 m/sec; i materiali espulsi (ejecta) vengono scagliati verso l'alto e verso l'esterno ricoprendo in tal modo una vasta area circostante il luogo dell'impatto e vanno a formare le caratteristiche raggiere tipiche di alcuni crateri lunari (ad esempio nel cratere Tycho): tali raggiere restano visibili successivamente solo se non ci sono fenomeni atmosferici erosivi. La forma delle raggiere originate dalla ricaduta degli ejecta ci può fornire preziose informazioni sul tipo di terreno presente nella zona dell'impatto. Schema della fase di espulsione
Modificazione della cavità transiente
Appena diminuisce l'azione di compressione sulle rocce sottostanti la zona della caduta, queste tendono a ritornare nella posizione iniziale, un vero e proprio rimbalzo elastico, riducendo in parte la profondità della cavità transiente: è l'assestamento idrostatico. Tale fenomeno, nel caso di impatti di grosse dimensioni, può sfociare nella formazione di una struttura centrale (central peak) oppure in una struttura più complessa ad anelli concentrici sopraelevati (bacino multi-ring); inoltre, l'inevitabile ricaduta della "suevite" contribuisce a ridurre ulteriormente la profondità della struttura. Schema della fase di modificazione
Infine, la struttura viene ulteriormente alterata da mutamenti indotti da fenomeni atmosferici (venti, precipitazioni, azione dei corsi d'acqua, movimento dei ghiacci) e geologici (bradisismi, terremoti, fenomeni di orogenesi, manifestazioni vulcaniche). È chiaro che le modificazioni di questo tipo possono riguardare solamente la Terra ed i corpi celesti ancora geologicamente attivi (un esempio: Europa) oppure dotati di una atmosfera (ad esempio Venere).
Un altro agente in grado di mutare e mascherare la morfologia della primitiva struttura è la vegetazione.

Morfologia dei crateri
Le strutture da impatto si possono dividere in crateri semplici e crateri doppi.
Crateri semplici
Sono caratterizzate dalla tipica forma di depressione circolare con bordi rialzati rispetto al terreno circostante, provenienti dall'accumularsi degli ejecta attorno al luogo dell'impatto. Il diametro di tali strutture sul nostro pianeta è contenuto entro circa 2-4 km. Uno dei parametri che determina la morfologia finale di un cratere è il valore della forza di gravità sulla superficie: maggiore è tale valore e minore sarà il diametro della cavità transizione; l'altro parametro è legato alle proprietà dei terreni nei quali avviene l'impatto ed al grado di resistenza dei materiali che li compongono.
Un cratere semplice Struttura di un cratere semplice.
  1. Diametro della struttura
  2. Bordi rialzati
  3. Profondità apparente
  4. Profondità reale
  5. Riempimento dovuto inizialmente a suevite, poi a materiale dovuto all'erosione
  6. Inversione degli strati geologici ai bordi (non sempre vero)
La struttura solitamente menzionata per illustrare questa tipologia di crateri è il Meteor Crater, in Arizona.
Per quanto riguarda la profondità di un cratere, occorre distinguere la profondità reale, cioè la profondità della struttura al termine della sequenza impattiva, da quella apparente, che è quella misurabile ai nostri giorni. Infatti dove è presente l'azione dell'erosione si ha un degrado della struttura con frane delle pareti laterali e conseguente riempimento della cavità, favorito anche dall'azione dei venti e delle precipitazioni atmosferiche: tutto ciò comporta che la profondità misurabile attualmente non è più quella originaria del cratere transitorio. In generale nei crateri semplici il rapporto tra la profondità ed il diametro è di circa 1:5 - 1:7.

Crateri complessi
Le forme di questi crateri sono moltissime anche se si possono evidenziare alcuni tratti caratteristici; intanto sono meno profondi dei precedenti, infatti il rapporto tra la profondità ed il diametro è di circa 1:10 - 1:20, inoltre presentano un picco centrale e bordi multipli concentrici, "multiring" che circondano il punto dell'impatto. Tali strutture sono riconducibili al rimbalzo elastico del terreno che tende a riprendere la sua posizione naturale, dopo la compressione generata dall'impatto nella fase di creazione di una profonda cavità transiente: i materiali fusi a seguito dell'enorme quantità d'energia sprigionata dall'impatto si comportano proprio come l'acqua colpita da un sasso, formando anelli concentrici che, con il successivo raffreddamento, si solidificano. Il crollo successivo delle pareti contribuisce, infine ad allargare la struttura portandola alle sue dimensioni finali.
Un cratere complesso Struttura di un cratere complesso.
  1. Diametro della struttura
  2. Bordi della struttura: qui è stato disegnato un solo anello, in realtà se ne possono presentare di più
  3. Picco centrale, non è raro che la parte centrale sia nascosta dalla presenza di un lago formatosi in epoca successiva
  4. Profondità reale
  5. Riempimento dovuto inizialmente alla suevite, poi al materiale dovuto all'erosione
Alcuni di questi tipi di crateri son visibili sulla Terra, nonostante la prolungata azione erosiva dell'atmosfera: Sudbury Crater, Manicouagan Crater, Clearwater Lakes, tutti e tre in Canada, e Vredefort Dome, un cratere di 10 km di diametro situato in Sudafrica e dichiarato nel 2005 dall'UNESCO patrimonio dell'umanità; molti credono che tale cratere, subito dopo l'impatto avvenuto 2 miliardi di anni fa, superasse i 250 Km di diametro. È stato anche fotografato dallo spazio dagli astronauti di uno Shuttle.
Gli esempi più significativi si trovano però sulla Luna, dove non ci sono fenomeni erosivi, ad esempio nel cratere Tycho, una struttura del diametro di 85 km originata da un impatto avvenuto circa 100 milioni di anni fa, sono molto evidenti il picco centrale e le ripide pareti, inoltre i raggi che si dipartono dal cratere si estendono per buona parte dell'emisfero meridionale e sono gli ejecta dell'impatto.
Facilmente individuabili sul nostro satellite sono anche alcune gigantesche strutture, i cosiddetti bacini d'impatto, le cui sorprendenti dimensioni ci ricordano il tempo in cui una caratteristica saliente del Sistema Solare fu la presenza massiccia di giganteschi impatti.
Foto dei Clearwater Lakes
Foto del Manicouagan Crater
Il bacino lunare Aitken fotografato dall'Apollo 12 Tra i bacini d'impatto più grandi identificabili sulla Luna e riconosciuti come tali possiamo citare il Mare Orientale, che ha un diametro di 900 km e mostra evidentissima la sua struttura "multi-ring", il Mare Imbrium (diametro di oltre 1100 km) e la struttura collocata al Polo Sud del nostro satellite, il Bacino Aitken, con diametro di 2500 km). Di dimensioni confrontabili sono i bacini Caloris Planitia su Mercurio e Valhalla su Callisto.

Identificazione dei crateri da impatto
Un metodo per riconoscere un cratere da impatto è l'identificazione del fenomeno del metamorfismo da shock, cioè i profondi e radicali cambiamenti che le smisurate energie in gioco possono provocare nelle rocce presenti sul luogo dell'impatto. Le strutture più facilmente identificabili sul terreno sono gli "shatter-cones", fratture coniche che si sviluppano, isolatamente o a gruppi, in rocce generalmente a grana fine e che mostrano sulla superficie delle striature longitudinali, richiamando vagamente la trama di una coda di cavallo e solo un impatto sembra in grado di creare le condizioni per generare tali strutture.
Queste strutture si formano nel momento in cui l'onda d'urto generata dall'impatto attraversa la roccia: questo comporta che l'apice dei coni inizialmente è rivolto verso il punto dell'impatto; normalmente non vengono rinvenuti dei coni completi, ma solo dei frammenti.
Un'altra tipologia rocciosa la cui presenza è riconducibile all'azione di un impatto è la cosiddetta "breccia d'impatto", una struttura formatasi in seguito al ricementarsi disordinato dei frammenti rocciosi originatisi dalla disgregazione operata dall'impatto.
Il passaggio dell'onda di shock tipica di un impatto nella massa rocciosa lascia inoltre tracce nella struttura cristallina di molti minerali, come ad esempio il quarzo.
In alto uno shatter cone trovato nel cratere Steinheim in Germania , in basso uno shatter cone che si trova a Sdbury, in Ontario

Energia associata ad un impatto
Dalla fisica elementare sappiamo che l'energia cinetica di un corpo di massa m e velocità v è data da:formula dell'energia cinetica
Partendo da questa formula e trascurando ogni possibile variazione dovuta all'atmosfera, si può facilmente calcolare il contenuto in energia di alcuni asteroidi e comete.

Oggetto Diametro
(km)
Velocità
(km/s)
Massa
(ton)
Energia
(Joule)
Energia
(Mton)

Asteroide 1 17.8 1.2x109 1.91x1020 4.54x104
Cometa 1 70.2 5.24x108 1.29x1021 3.07x105
4179 Toutatis 4.2+2.5 30 1.08x1011 4.86x1022 1.16x107
Hale-Bopp 40 44 3.35x1013 3.24x1025 7.72x109

Nella tabella, si indica il contenuto energetico esprimendolo sia in Joule che in Mton(=4.2x1015Joule).
Immagine computerizzata dell'asteroide Toutatis Il calcolo della massa dei quattro oggetti è stato fatto impiegando valori di densità tipici per questi corpi celesti, vale a dire 1 g/cm3 per le comete. e 2.3 g/cm3 per gli asteroidi. Nel caso di 4179 Toutatis si è calcolata la massa considerandolo costituito da due corpi a contatto dei quali si è ipotizzata per comodità una struttura sferica. Analoga struttura sferica è stata ipotizzata anche per la cometa Hale-Bopp. Foto della cometa Hale-Bopp

 

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© Loretta Solmi, 2011